Lezioni online, lezioni in presenza: qual è la soluzione?

 
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Tutto è cominciato con Anita Iacovelli, la studentessa di seconda media che, a novembre, ha dato il via a una protesta nazionale sedendosi a un banchetto e studiando fuori dalla propria scuola, a Torino.

Proteste simili, contro la didattica a distanza forzatamente introdotta a causa della pandemia da COVID-19 in corso, hanno avuto luogo nel resto d’Italia e in tutto il mondo. Studenti e studentesse vorrebbero tornare in classe. Ma le lezioni online sono davvero così indesiderabili? Se sì, cosa può essere fatto per migliorarle? E infine: è vero che, in ogni caso, non saranno mai valide come quelle in presenza?

Problemi tecnici

Forse, la scocciatura peggiore della didattica a distanza sono i problemi tecnici che, troppo spesso, saltano fuori. Dalle schermate bloccate, alla scarsa qualità del suono, all’audio completamente interrotto: tutti fattori che concorrono all’annullamento delle condizioni necessarie all’apprendimento.

C’è da dire, poi, che non tutti gli studenti sono perfettamente a proprio agio con le tecnologie. Ed è facile immaginare la frustrazione che si prova quando, dopo aver investito tempo ed energie nella messa a punto di un account e nel “rodaggio” di Zoom o Microsoft Teams, la piattaforma usata comincia a non funzionare. L’improvviso passaggio alla didattica virtuale, infatti, ha fatto emergere con prepotenza proprio il problema del divario digitale, in Italia come in altri Paesi.

Ma guardiamo anche il rovescio della medaglia: il progresso tecnologico cui assistiamo è in avanzamento rapido e costante. La qualità delle videoconferenze è nettamente superiore a quella di qualche anno fa e i software più utilizzati vengono aggiornati frequentemente (come impone anche la concorrenza fra le varie piattaforme).

L’arrivo del 5G, poi, farà sì che i problemi di connessione rimangano solo un ricordo del passato: le videochiamate saranno facilissime da effettuare, anche per le persone tecnologicamente più impedite. 

Il gioco come antidoto alla noia

 

Una delle critiche mosse più spesso alle lezioni online è che sono noiose. L’insegnante fa del proprio meglio per tener viva l’attenzione di tutti gli alunni e non è impresa facile, soprattutto nel caso di classi numerose.

Ciò potrebbe essere sintomatico del fatto che certi metodi di insegnamento tradizionali, semplicemente, non funzionano più: l’apprendimento virtuale deve essere interattivo e divertente, richiedendo competenze di insegnamento che non tutti gli insegnanti hanno.

Ma, anche qui, la tecnologia propone la sua soluzione. Le modalità di insegnamento “ludiche” sono spesso trascurate (quando non osteggiate) dai docenti, ma si rivelano efficaci per la spiegazione di concetti complessi. Molte persone assimilano queste modalità ai casinò online o ai videogiochi; in realtà, gli strumenti usati non fanno altro che adattare al XXI secolo la classica idea di “imparare giocando”.

Tuttavia, non si riduce tutto alla cosiddetta gamification. Mettere in palio premi e attestati può essere un’ulteriore strategia per stimolare la partecipazione degli alunni e far sì che frequentino le lezioni virtuali con più entusiasmo.

 Il materiale per lo studio online

Un punto a favore indiscutibile delle lezioni online è dato dalla quantità di materiale a disposizione degli studenti. Dove sarebbero stati necessari carta e inchiostro, adesso è possibile usare una cartella condivisa fra insegnante e alunni o, comunque, inviare qualsiasi file in un paio di clic. 

La condivisione dello schermo, poi, rende possibile la visualizzazione di qualsiasi contenuto in simultanea. La quantità di informazioni disponibili oggi era sconosciuta in passato e le lezioni in videoconferenza sono il modo migliore per condividerle.

E tutto questo è destinato solo a migliorare nel tempo: alcune scuole stanno già usando la tecnologia cloud, tramite la quale gli studenti hanno tutto ciò di cui hanno bisogno in una manciata di secondi.

 

Mancanza di interazione umana

 

Sebbene la tecnologia offra numerose soluzioni a svariati problemi, Anita Iacovelli e gli altri sollevano, fra le altre, una questione ormai assodata: la mancanza del tocco umano.
Durante le lezioni in presenza ben svolte, si crea un’atmosfera vivace e coinvolgente, in cui gli studenti partecipano scambiandosi opinioni e discutendo i concetti spiegati dall’insegnante. In una lezione in videoconferenza questo tipo di scambio è negato; non poter incontrare i propri compagni di classe per lunghi periodi di tempo, poi, può avere delle ripercussioni psicologiche negative.

Come già detto, il 5G potrà migliorare, se non altro, la velocità delle interazioni virtuali, ma è improbabile che saremo in grado di replicare virtualmente l’esperienza di una lezione “vera” nel prossimo futuro.

 

La soluzione ibrida

Nel dibattito fra lezioni online e in presenza, la risposta migliore potrebbe essere un compromesso: le lezioni ibride uniscono le migliori caratteristiche dell’apprendimento virtuale e della didattica tradizionale, per offrire agli studenti il meglio di entrambi i mondi. La multinazionale di consulenza strategica McKinsey, nei mesi scorsi, ha proposto un quadro normativo per le lezioni ibride per le scuole. Si concentra soprattutto sulla riapertura della scuole durante la pandemia e suggerisce metodi che potrebbero essere utilizzati sul lungo periodo, anche dopo la diminuzione dei contagi: ovvero, dare priorità alle istruzioni in presenza per gli studenti più in difficoltà e usare le video-tecnologie per le attività più tecniche. Inoltre, sempre secondo questo framework, il rapporto fra lezioni in presenza e lezioni virtuali dovrebbe variare molto a seconda dell’età degli studenti, in modo da garantire più interazione umana ai più giovani.

Un sistema del genere ha degli svantaggi (primo fra tutti, una prevedibile confusione durante la pianificazione iniziale), ma può gettare le basi di un sistema di istruzione più sofisticato per il futuro.

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