A ciascuno il suo… ma la verità è cosa nostra

 
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Gela. Siamo tornati. Cari amici, con l’augurio di un buon anno e con il proposito di iniziare bene lo stesso, torniamo a parlare di Cinema e Sicilia, torniamo a parlare di Gian Maria Volonté, torniamo a parlare di Leonardo Sciascia.

Un nuovo modo di fare cinema. Uscito nel 1967 e ispirato al quarto romanzo di Sciascia, “A ciascuno il suo” segna l’esordio del sodalizio tra il regista Elio Petri, lo sceneggiatore Ugo Pirro e l’attore Gian Maria Volonté. L’unione tra i tre artisti aprirà le porte a una nuova stagione cinematografica italiana, pochi anni dopo, il loro lavoro sarà premiato con l’Oscar per “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”. Petri ritiene necessario il superamento del Neorealismo, capovolgendone lo scopo, da rappresentazione estetica della cruda realtà del dopoguerra a “vasta esigenza di ricerca e di indagine”, l’artista, con la sua opera, critica la realtà in cui vive e assume un ruolo sociale attivo, nasce cosi il cinema d’impegno civile.

La storia. Entroterra siciliano, l’apparente serenità di un paesino nei dintorni di Palermo viene sconvolta dalla notizia di un duplice omicidio. Circa un mese prima, la vita apparentemente serena di una delle due vittime, il farmacista Manno, viene turbata da una serie di lettere minatorie anonime. Il giorno in cui morì, il dottor Roscio uscì di casa all’alba per andare a caccia con l’amico farmacista, così la sua vita apparentemente serena venne spezzata a colpi di fucile insieme a quella del Manno. Nessuno sa chi sia stato, ma tutti sono certi che il povero Roscio è morto solo perché si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato, l’assassino e sicuramente la stessa persona che minacciava Arturo Manno, apparentemente.

I sospetti ricadono inevitabilmente sui parenti di Rosina, giovane domestica del farmacista con cui intratteneva una relazione, in poche parole, fu delitto d’onore. L’unico a dubitare della ricostruzione ufficiale, è il timido professore di lettere Paolo Laurana, il quale scopre che le lettere anonime erano composte da ritagli di giornale presi dall’Osservatore Romano, questo scagionerebbe gli accusati che, in quanto analfabeti, non avrebbero potuto trovarsi tra le mani una copia del giornale.

Queste premesse porteranno il protagonista, interpretato da Volonté, a indagare in segreto sul caso, la sua ricerca solitaria lo trascinerà in un tunnel di false verità e inganni, fino a scoprire che il vero bersaglio dell’agguato era in realtà il dottor Roscio e le lettere anonime una messa in scena per sviare le indagini. Oltre al muro dell’omertà, il nostro dovrà affrontare un ulteriore nemico, la sua debolezza. La sua morbosa passione per Luisa, moglie del defunto dottor Roscio, lo farà intestardire in un tunnel d’indagini senza uscita, da solo in un gioco più grande di lui. A causa della parziale perdita di razionalità e della sua naturale ingenuità, il professore, ignaro, mette a repentaglio la propria vita fidandosi e rivelando le sue scoperte all’avvocato Rosello, cognato di Roscio e noto intrallazzatore del paese.

Unicuique suum. Il titolo del romanzo e quindi del film, è la traduzione di questa locuzione latina che possiamo parafrasare con “dare a ciascuno ciò che è dovuto”, il protagonista trova la frase sul retro di un ritaglio di giornale usato per assemblare le lettere minatorie, da ciò capisce che si tratta di un frammento dell’Osservatore Romano, essendo il precetto di diritto romano un motto del quotidiano.

Il suo significato è interpretabile come una difesa della proprietà privata o comunque una regola morale che invita al rispetto della collettività, più probabilmente è una sintesi dell’insegnamento evangelico: rendete a Cesare quello che è di Cesare, ed a Dio quello che è di Dio. In questo caso particolare, il significato cambia, “a ciascuno il suo” sembra un invito minaccioso a ognuno di occuparsi di ciò che gli compete, e non andare oltre. Il principio quindi, assume un’accezione negativa, l’amarezza dell’opera si esprime nel “peccato” del protagonista di non essersi fatto i fatti suoi, eppure riesce lo stesso a scoprire la verità, senza avere nessuna investitura ufficiale. Sciascia, da grande promotore del diritto civile, sicuramente voleva porre l’accento sulla quasi totale assenza di forze dell’ordine nello svolgimento della storia. Non che le ritenesse inutili, probabilmente oltre all’impegno sociale l’autore vuole esporre un altro significato.

“A ciascuno il suo” è un invito a non accontentarsi sempre delle versioni ufficiali, in questo periodo di polemiche sulle post-verità dovremmo sentirlo maggiormente. Da buon giornalista, Sciascia, nelle sue ricerche, preferiva andare alle fonti personalmente e, secondo le proprie possibilità, tutti potrebbero prendere esempio da lui.

La verità, è di chi fornisce le prove, non di chi ha potere, perché la verità è a vantaggio di tutti e tutti devono potervi accedere.

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