Abusi sessuali sulla figlia della moglie, 8 anni ad operaio: condanna verrà impugnata

 
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Gela. Avrebbe abusato sessualmente della figlia della moglie fin da quando aveva quindici anni. Un rapporto “malato” che l’avrebbe indotto ad essere geloso della ragazza e a sottoporla anche a violenze fisiche. Il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, lo scorso giugno ha imposto la condanna a otto anni di reclusione ad un operaio tunisino, che prima del rimpatrio nel suo paese d’origine ha vissuto per anni in città, insieme all’intera famiglia. In attesa del deposito delle motivazioni, la difesa ha deciso di impugnare la decisione. Il pm Mario Calabrese, a conclusione della sua requisitoria, non ha avuto dubbi nel ritenere fondate le accuse mosse contro l’uomo, chiedendo una condanna ancora più pesante, a undici anni di detenzione. Tutto sarebbe partito dalle prime segnalazioni arrivate dalla giovane vittima, figlia della nuova moglie dell’operaio. All’imputato veniva contestato anche l’incesto, ipotesi per la quale è arrivata l’assoluzione, visto che tra i due non c’era un vincolo diretto (la giovane è nata dalla precedente relazione della madre). Ma l’operaio avrebbe esercitato violenze fisiche anche sulla consorte e sulle altre figlie. La giovane sarebbe stata ricattata, sotto la minaccia di mostrare ad altri foto che la immortalavano nuda. I difensori, gli avvocati Davide Limoncello e Alessandra Campailla, hanno del tutto ridimensionato la ricostruzione d’accusa. Hanno citato il fatto che sia la giovane sia gli altri componenti della famiglia abbiano ritrattato per intero quanto raccontato inizialmente, facendo pervenire una missiva ai pm della procura.

Ci sarebbero aspetti della ricostruzione condotta dall’accusa che non convincono i legali. Su questi aspetti fonderanno il loro ricorso ai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta. Le attenzioni dell’imputato verso la ragazza sarebbero state giustificate, secondo la loro versione, solo dalla volontà di evitare che potesse ritornare in patria, dove pare potesse sposare un uomo, ritenuto vicino all’integralismo islamico. I racconti della giovane, quindi, sarebbero stati indotti dal forte astio nutrito verso il marito della madre. Aspetti che i giudici di appello dovranno verificare.

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