Accusati del rogo di un’auto, 4 carabinieri calunniati: Alferi impugna la condanna

 
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Gela. Lo scorso luglio, il giudice Domenico Stilo lo condannò a quattro anni di reclusione. Avrebbe calunniato quattro carabinieri, all’epoca dei fatti in servizio presso il nucleo operativo del reparto territoriale di via Venezia.

La condanna in primo grado. Adesso, Giuseppe Alferi, attualmente detenuto sotto regime di 41 bis, ha scelto d’impugnare quella sentenza di condanna davanti ai giudici d’appello di Caltanissetta. Al centro dei fatti, un video, palesemente artefatto, che immortalava i quattro militari impegnati ad appiccare le fiamme alla Mercedes classe A di un pregiudicato parcheggiata in via Po, a Sant’Ippolito. In realtà, il video, più volte tagliato, avrebbe ripreso solo l’auto andata in fiamme.

La presenza dei carabinieri in quella zona era giustificata da un’attività d’indagine condotta proprio a carico del proprietario della Mercedes. Il video, secondo la sentenza emessa dal giudice di primo grado, era stato modificato appositamente per far ricadere la responsabilità dell’incendio sui carabinieri Vincenzo Giuca, Stefano Di Simone, Giovanni Rizzo e Francesco Mangialardo, tutti costituiti parte civile con l’avvocato Gaetano Cantaro.

Verdetto impugnato. Il legale di difesa dello stesso Alferi, l’avvocato Maurizio Scicolone, ha scelto d’impugnare la sentenza di condanna. Già durante il dibattimento di primo grado aveva dichiarato in aula che “Alferi era stato vittima di un sistema molto più grande di lui”. Quattro anni vennero comminati anche a Francesco Giovane. Il video che sarebbe stato modificato, infatti, venne prodotto dal sistema di videosorveglianza installato nella sua abitazione. Il caso, quindi, ritorna  davanti ai giudici.

Nè Alferi né Giovane, in primo grado, resero dichiarazioni sull’intera vicenda. In fase d’udienza preliminare, invece, era arrivato il proscioglimento per altri cinque carabinieri, accusati dai magistrati della procura di falso e rivelazione d’atti d’ufficio. Gli inquirenti ritennero che dietro quelle modifiche al video potessero esserci proprio alcuni colleghi dei quattro militari. L’obiettivo sarebbe stato quello di screditarne l’operato.

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