Addio a Gianfranco Romano, padre Alabiso accusa la classe politica

 
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Gela. La foto sorridente del ventinovenne Gianfranco Romano, lo sfortunato dipendente della ditta Cosmi Sud schiacciato mortalmente da un tubo di 36 pollici mentre lavorava in un cantiere all’imboccatura del porto isola dentro la raffineria, collocata sopra la bara ha commosso tutti.

Migliaia le persone che hanno partecipato al lutto cittadino proclamato dal sindaco Angelo Fasulo per dare l’ultimo saluto al lavoratore che lascia la giovane moglie, Ginetta Morteo, e due figlie: Ginevra di quattro anni e Maria Vittoria di due.

I funerali sono stati celebrati nel pomeriggio in chiesa Madre, da monsignor Grazio Alabiso, che non ha esitato a puntare l’indice accusatorio contro la classe politica presente in chiesa con diversi esponenti oltre all’amministrazione comunale e all’assessore regionale al Territorio, Mariella Lo Bello, che ha portato i saluti del governatore Rosario Crocetta.

Presenti molti lavoratori dell’indotto del petrolchimico, imprenditori ed esponenti dell’Eni. “Svegliatevi, non tardate più, non giocate con la vita – ha detto padre Alabiso – Dobbiamo pregare perché non possiamo accettare questa morte, che intervenga Dio a illuminare le menti dei nostri amministratori che hanno responsabilità. Gianfranco è stato strappato ai suoi cari da una morte drammatica. Nonostante i colleghi vicini ha trovato l’abbraccio del Signore”.

I familiari, straziati dal dolore, sono intervenuti sintetizzando alcuni pensieri letti dalla sorella della giovane vedova.

“Ciao Già, ti chiamavamo cosi in famiglia. Quel lavoro maledetto ti ha strappato alla vita. Non abbiamo mai avuto ricchezze, ma avevamo te”.

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