“Agorà”, inchiesta su traffico reperti: Cassazione conferma condanne, prescrizione per due

 
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Gela. Le condanne per gli imputati coinvolti nell’inchiesta “Agorà” sono state confermate. La richiesta, ieri mattina in Corte di Cassazione, è arrivata dalla procura generale. Non sono stati accolti i ricorsi delle difese. Due anni fa, condanne furono emesse dalla Corte d’appello di Caltanissetta. Gli inquirenti individuarono quello che fu subito considerato un traffico di reperti archeologici, spesso trafugati da siti locali. I difensori si sono rivolti ai giudici romani. In appello, seppur con limitate riduzioni, le condanne furono confermate per Simone Di Simone (quattro anni e tre mesi in primo grado), Giuseppe Rapisarda (tre anni e due mesi nel primo giudizio), Orazio Pellegrino (tre anni e un mese) e accusato di essere l’esperto capace di stimare il valore dei pezzi, Salvatore Cassisi, Nicola Santo Martines, Vincenzo Peritore e Mihaela Ionita (due anni ciascuno), Gaetano Di Simone e Vincenzo Cassisi (un anno e dieci mesi ciascuno), Pasquale Messina (dieci mesi), Giuseppe Cassarà (cinque mesi con pena sospesa), Amedeo Tribuzio (quattro mesi con pena sospesa) e Pietro Giannino (tre mesi con pena sospesa). Per Tribuzio e Giannino (difeso dal legale Paola Carfì) è stato deciso l’annullamento per intervenuta prescrizione dei reati contestati.

Le difese hanno esposto le ragioni dei loro ricorsi, concludendo per l’annullamento della condanne. Gli accusati, ritennero gli investigatori, sarebbero stati consapevoli del valore dei reperti archeologici e avrebbero partecipato ad operazioni di scavo clandestine. I reperti trafugati sarebbero poi stati immessi in una sorta di mercato nero. Contestazioni sempre respinte dalle difese, che hanno impugnato la decisione d’appello. Gli imputati sono rappresentati dai legali Davide Limoncello, Giovanni Cannizzaro, Maurizio Scicolone, Nicoletta Cauchi, Ivan Bellanti e Ivo Russo.

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