Al 41 bis, per Palazzo e Alferi si mira alla revoca del carcere duro: “Non sono boss!”

 
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Gela. Due ricorsi che dovrebbero essere depositati nelle prossime settimane per essere valutati dai magistrati del tribunale di sorveglianza di Roma. I ricorsi contro il 41 bis. Al centro del giudizio ci saranno Giuseppe Alferi ed Emanuele Palazzo. Entrambi, da alcuni anni, sono detenuti sotto regime di carcere duro, il cosiddetto 41 bis. Secondo i magistrati della Direziona distrettuale antimafia di Caltanissetta sarebbero stati al vertice di due distinti gruppi criminali. A Palazzo venne contestata, a conclusione dell’inchiesta “Agorà, l’appartenenza alla nuova stidda riorganizzata. Peppe Alferi, invece, sarebbe a capo di un gruppo criminale distinto sia da cosa nostra che dalla stidda. Adesso, la difesa dei due detenuti al 41 bis si rivolgerà ai magistrati romani per chiedere la revoca di una misura che, in base alla nuova disciplina, viene rinnovata ad intervalli di quattro anni. In entrambi i casi, sarà l’avvocato Maurizio Scicolone a rivolgersi al tribunale di sorveglianza.

Depositata la sentenza d’appello “Agorà”. Da alcune settimane, è stata depositata la sentenza d’appello emessa ai danni di sette imputati, tutti finiti al centro del blitz antimafia “Agorà”. Sulla scorta di quanto deciso dai giudici nisseni, la difesa di Emanuele Palazzo chiederà di revocare il 41 bis. In appello, lo scorso febbraio, la condanna di Palazzo venne ridotta da sedici a dodici anni. Caddero alcuni capi d’imputazione e, stando alla difesa, lo stesso Palazzo non avrebbe mai avuto un ruolo di reggenza nel gruppo scoperto a conclusione del blitz. Elementi che dovrebbero essere utilizzati anche davanti al tribunale di sorveglianza romano.

Alferi ha sempre sostenuto di non essere un mafioso. Per Peppe Alferi, invece, il difensore mirerà soprattutto a sconfessare la tesi dell’esistenza di un’organizzazione di tipo mafioso retta dal cinquantaduenne che ha sempre escluso di essere un mafioso. La misura del carcere duro, inoltre, non sarebbe giustificata anche davanti al fatto che il presunto gruppo scoperto con l’inchiesta “Inferis” venne comunque azzerato. In sostanza, non ci sarebbe il rischio di un’eventuale riorganizzazione. Tutti elementi, sia nel caso di Emanuele Palazzo sia in quello di Peppe Alferi, che verranno portati all’attenzione del tribunale di sorveglianza di Roma e del ministero della giustizia.   

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