All’ombra dell’albero

 
0

Erano seduti all’ombra dell’albero.

I due anziani in piazza Umberto avevano sul volto i segni del tempo che inesorabile passa. Non toccavano la tasca per controllare se lo smartphone vibrasse. Portavano un cappello. Davano le spalle alla Dea Cerere perché in quel punto batteva il sole e loro ne godevano. Parlavano di pensioni, forse di nipoti, forse di  “com’era un tempo”. Erano il tempo, la memoria storica di questo posto, la memoria che non puoi ingannare.

Ecco, solo la foto che vedete in testa all’articolo forse basterebbe come immagine del tutto anticonformista di questi ultimi tempi, tutti intrisi di contestatori per vocazione. Che poi, la contestazione, è di certo un valore, se non dispersa, però! E noi, l’abbiamo dispersa. Persa.

Facciamo il punto. Ci siamo arrovellati così tanto negli ultimi giorni, nell’attesa di scoprire l’opera compiuta, che abbiamo disperso le nostre energie, capacità d’analisi, tesi illuminate sulla teoria del “brutto” e del “ bello” e abbiamo perso di vista l’aspetto più importante degli ultimi accadimenti che Non E’ la scelta più o meno condivisa dell’albero ma è, piuttosto, la mancata scelta direzionale – vera o presunta – della giunta, tutta racchiusa nella frase pronunciata dal vicesindaco “non siamo né a destra né a sinistra”. Ecco, l’alberello di Natale e la psicosi generata hanno fatto addirittura passare in sordina una frase che tradotta vuole dire “per ora non siamo né destra né sinistra, quindi nel frattempo, e in base alle occasioni, potremmo essere sia destra sia sinistra e se serve anche mancini. Nel frattempo, aspettate!”.

 E noi aspettiamo e parliamo dell’albero di Natale! Non ci indigniamo per ciò che serve, parliamo di ciò che non ci piace che non ha nulla a che vedere con ciò che davvero serve. Quindi, il regalo, sotto quell’albero, lo mettiamo noi ogni qual volta spostiamo l’attenzione da ciò che serve a ciò che non ci piace. E l’albero ci piace, anzi non ci piace più, anzi ci piace di nuovo, anzi no perché potevano metterlo più a destra o più a sinistra. Oppure, appunto, “né a destra né a sinistra”, ma questo non fa rumore. Eppure ha molte più luci dell’albero e dovremmo vederlo, eccome!

Oppure, se proprio vogliamo indignarci, facciamolo per tutti quei padri che, quest’anno, sotto il proprio albero di Natale non metteranno nulla per i figli e non perché l’Eni ha fatto le valigie ma perché, nel tempo, nessuna e dico nessuna classe dirigente politica col petto in fuori è stata in grado di creare un’alternativa al mostro. Nessuna alternativa. Come se l’intera esistenza di una città si fondasse sull’esistenza stessa dell’Eni, che poi è esattamente così! È per questo che bisogna scomodare l’indignazione.

 L’indignazione è un valore, presuppone che un popolo, una moltitudine di persone, in grado di tremare, ribellarsi, arrabbiarsi, ricordarsi di una qualsiasi forma di ingiustizia subìta, è ancora vivo e soprattutto si renda consapevole di esserlo. E questo, non ha nulla a che vedere con il “bello” o con il “brutto”. Ha a che vedere – semmai – con il “giusto” o il suo contrario che, nel caso di specie, non è “ sbagliato” ma INGIUSTO.

È L’INGIUSTIZIA che provoca indignazione. E quale direzione stiamo dando noi alla nostra indignazione?

Il porto, per esempio. Altra Croce.

Che ne è di quella penna, tenuta in mano dal Presidentissimo, che grondava sangue alla firma dell’accordo! Insomma, che ne è stato di quei sorrisi con la posa plastica pronti già ad intestarsi  la paternità di quest’altra battaglia combattuta con le spade di fuoco? Eppure, già all’indomani della firma, magari qualcuno che riteneva di aver fatto tutto da solo, aveva pronto il volantino per la prossima campagna elettorale che, ovviamente, sarebbe partita proprio da lì, all’ombra dell’albero, davanti alla Dea Cerere, altrimenti detta “fimmina nura”, che forse non ne può più di ascoltare così tante baggianate, di essere continuamente al centro di un palcoscenico sulle cui assi vengono messe in scena piece teatrali sempre diverse, ma di fatto sempre uguali.

Allora, se i fatti sono questi, ci importa davvero che l’albero sia bello o brutto?

Indigniamoci per altro! Cominciamo subito e  ricordiamoci di tutto questo quando, a breve, avranno di nuovo bisogno di noi.

 Ps: Ah! La Dea Cerere o “fimmina nura” gradisce più l’albero che certi discorsi da campagna elettorale pronunciati in piazza. Di questo passo, sarà lei a non volerci più!

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here