Approvata la riforma del Csm, mai più in magistratura chi viene eletto

 
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ROMA (ITALPRESS) – Una riforma per “scardinare le degenerazioni del correntismo, essenziale anche in assenza degli scandali dell’ultimo anno”. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, nel corso della conferenza stampa indetta a margine del Consiglio dei ministri che ha varato il Dl Agosto, illustra i contenuti ma anche i principi che hanno ispirato la riforma del Csm licenziata dal governo. Una riforma perciò nata per mettere un argine ai rapporti troppo stretti tra politica e giustizia, o a dirlo con lo stesso Guardasigilli “per accentuare il confine tra politica e magistratura”. Nuove regole per le nomine, e soprattutto stop “alle porte girevoli per le toghe in politica”. Sulle scelte dell’esecutivo pesa il caso Palamara: “Alla luce di quegli scandali – ragiona il ministro – questa riforma è un passo importante per ricostruire la credibilità della giustizia”. E per farlo il governo fissa paletti che regoleranno le carriere nei partiti di chi indossa la toga.
Chi aspira a ricoprire ruoli nei palazzi del potere dovrà pensarci più di una volta, lo scotto da pagare sarà (primo fra tutti) non potere più tornare ad indossare la toga di giudice in un’aula di giustizia. “Si scrive nero su bianco una norma – avverte perentorio il ministro – il magistrato che entra in politica, una volta eletto ha perso il requisito di terzietà, per questo il magistrato che viene eletto non potrà più tornare alla magistratura”.
Regole rigide che varranno anche per chi intende semplicemente tentare la via delle elezioni. “Un magistrato – chiarisce – non può candidarsi nel territorio in cui ha esercitato negli ultimi 2 anni”. E il Csm non potrà essere considerato uno sbocco nella carriera di un politico. “Non è possibile tra i membri laici – annuncia Bonafede – eleggere persone che ricoprono o hanno ricoperto ruoli politici in governi nazionali e regionali”.
(ITALPRESS).