Armi e feriti, chiusa indagine “Revenge”: otto coinvolti, sequestrate pistole e fucile

 
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Gela. Le indagini sono state molto lunghe e complesse, durate circa due anni. Ora, sono state chiuse e sono otto i coinvolti. Nell’arco di poche settimane, due gruppi familiari entrarono in contrasto. Dissidi che vennero affrontati soprattutto con le armi. Rimasero feriti il quarantasettenne Vincenzo Trubia e il trentunenne Antonino Raitano, quest’ultimo raggiunto da colpi di pistola, che gli causarono diverse conseguenze. Trubia, invece, venne colpito ad un piede. I carabinieri e i pm della procura hanno ricostruito gli inizi di uno scontro, che rischiava di diventare ancora più cruento. Iniziò, in base a quanto riscontrato, da alcuni furti. I Raitano e i Trubia si accusarono a vicenda, anche con minacce e ritorsioni, fino alle armi. Una pistola, nella disponibilità di Antonino Raitano e del fratello Ruben Raitano, spuntò durante un primo tentativo di chiarimento. Vincenzo Trubia e i figli Giuseppe Trubia e Rosario Trubia, cecarono di disarmare i rivali. Sarebbe partito un colpo, che raggiunse al piede il quarantasettenne Vincenzo Trubia. Nella concitazione, i Trubia sarebbero riusciti ad impossessarsi della semiautomatica e per gli investigatori sarebbe stato il ventitreenne Rosario Trubia a sparare contro Antonino Raitano. La pistola sarebbe poi stata nascosta nell’ovile della famiglia. I carabinieri, durante le indagini, con perquisizioni e controlli, riuscirono a ritrovare l’arma. I fratelli Raitano, pare spalleggiati da un altro coinvolto, il trentottenne Giacomo Tumminelli, non avrebbero fatto attendere la loro risposta. Sarebbero stati loro a sparare contro l’ovile dei Trubia, usando un fucile a canne mozze. Per i carabinieri e i pm, avrebbero avuto un’altra pistola, una semiautomatica Beretta. Un vero e proprio scontro armato, che confluì nella successiva inchiesta “Revenge”. Il sostituto Mario Calabrese ha disposto la chiusura delle indagini e a breve potrebbe richiedere il rinvio a giudizio.

Risultano indagati, inoltre, il trentaquattrenne Giovanni Simone Alario e il quarantanovenne Marco Ferrigno. Vennero intercettati durante colloqui con Antonino Raitano, in ospedale. Avrebbero cercato di recuperare la pistola che era stata sottratta dai Trubia. Entrambi sono sorvegliati speciali. Gli otto sono difesi dagli avvocati Filippo Incarbone, Rosario Prudenti, Cristina Alfieri, Nicoletta Cauchi, Francesco Enia e Giovanni Bellino.

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