Bianca Cannizzaro: passi verso la luce!

 
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Gela. Non si è ancora spento l’eco della riuscitissima II Edizione del  Premio Scientifico-letterario “per Bianca” svoltasi  il 28 novembre scorso a Villa Peretti. Dunque, sono già trascorsi 365 giorni (per la verità un po’ di più) da quando siamo venuti a conoscenza dello straordinario caso della dott.ssa Bianca Cannizzaro, passata a miglior vita dopo aver lottato contro un nemico implacabile nato nel suo corpo e del suo corpo ha poi fatto scempio. Sarebbe un caso come tanti altri se non fosse che essa è stata protagonista di un atto, di un gesto che ha nobilitato l’intera umanità. Il fatto è già noto a molti: devastata dalla malattia e già sulla soglia dell’al di là, ha ottenuto dal marito, il dottor Salvatore La Rosa,  che le venisse fatto l’ultimo regalo: visitare per l’ultima volta i suoi pazienti di età piuttosto avanzata. A seguito del mio intervento del 14 settembre dello scorso anno, la figura della signora Bianca Cannizzaro ne è uscita ingigantita, non per merito mio, ma per i lusinghieri giudizi che hanno dato di lei amici e pazienti: giudizi meritevoli di essere scolpiti nella pietra. Ho letto i tanti commenti che hanno corredato il mio intervento nel giornale on-line “Quotidiano di Gela”, lo stesso che ci ospita anche in questa occasione. Tanti, in poche righe, ne hanno forse meglio di me sintetizzato il valore, l’unicità, il profilo morale e professionale, l’acume nel valutare e trattare questioni nelle quali veniva coinvolta e perciò che riguarda la professione e soprattutto i rapporti prettamente umani, amicali, sottolineandone la dolcezza nel trattare momenti estremamente delicati, l’amabilità di confidente. Chi non ha potuto o voluto servirsi delle parole per esprimere la sua vicinanza alla famiglia e renderle omaggio, si è servita di una immagine nella quale giganteggiavano tre cuori uno accanto all’altro.

Evidentemente, chi ha avuto modo di conoscerla e di frequentarla, ha visto in  lei una bellezza che si vede solo con gli occhi del cuore. E se sentiamo il bisogno di ricordare la nostra Bianca, ci siamo fatti per lo meno un’immagine della sua anima infuocata dalla passione dell’amore. È il caso ricordatoci da Arthur Schopenhauer per il quale solo la luce che uno accende a se stesso, risplende in seguito anche per gli altri. Pur devastata dalla malattia, pur conoscendo il grande dolore, anzi forse proprio per questo, Bianca ha vissuto l’esperienza di un allargamento della propria dimensione interiore che diventa bellezza, il massimo dello splendore, agli occhi di Dio. Questo è il caso o un caso contemplato anche da una riflessione di Henry Fielding per il quale nessuno ha mai visto la bellezza in tutto il suo splendore quando non l‘abbia vista nel dolore. La nostra Bianca ha saputo  liberarsi dalle pastoie del corpo per rendere più leggera e libera la sua anima. Alda Merini direbbe che quando l’anima è satura dentro di amarezza e dolore diventa incredibilmente bella e soprattutto potente. Potenza che, diciamo noi, può essere espressa solo nel e con l’amore. A questo punto, mi viene facile collocare Bianca, come vorrebbe Plotino, nell’empireo della bellezza se riteniamo davvero attendibili le parole di Charles Bukowski, il quale affermava di aver visto persone a pezzi aiutare chi aveva solo una crepa. E questa considerazione ci induce a dire che Bianca aveva, tra l’altro, alto il senso del dovere: Il suo telefono era, di giorno come di notte, sempre acceso nell’eventualità che qualcuno dei suoi pazienti avesse avuto la necessità di consultarla. Per quanto si possa essere alla moda, l’abito migliore sarà sempre quello che vestirà una bella anima. Noi uomini abbiamo la capacità di incorporare, di portare in noi, le persone che amiamo o che abbiamo amato quando erano in vita, togliendo così un po’ di potere alla morte. E Bianca vivrà fino a quando un cuore ne custodirà il ricordo.

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