Blitz “Falco”, fissato appello: pesanti condanne in primo grado dopo l’inchiesta

 
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Gela. Partirà il prossimo mese il giudizio di appello, dopo le pesanti condanne di primo grado imposte ai coinvolti nell’inchiesta antimafia “Falco”. I verdetti, per un totale di oltre centoventi anni di detenzione, risalgono allo scorso febbraio, mentre il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Marica Marino e Silvia Passanisi), ad aprile ha depositato le motivazioni. Le difese hanno formalizzato i ricorsi e c’è stata la fissazione dell’udienza. Secondo gli investigatori, il compito di ricostruire il clan mafioso degli Emmanuello era stato affidato al trentacinquenne Gianluca Pellegrino. Al termine dell’istruttoria dibattimentale, i giudici lo hanno condannato a ventidue anni e tre mesi di reclusione. Il gruppo capeggiato da Pellegrino avrebbe messo le mani nella gestione della droga, nelle estorsioni e nelle imposizioni dei servizi di buttafuori ai titolari di diversi locali della città. In base a quanto emerso, era il presunto capo a fare da tramite tra i vecchi boss e il nuovo corso dell’organizzazione. Saranno i giudici della Corte d’appello di Caltanissetta a valutare ancora l’intera vicenda, sulla scorta dei ricorsi delle difese. Al termine del giudizio di primo grado, è stata disposta la condanna a dieci anni e due mesi di detenzione per Alessandro Pellegrino (fratello di Gianluca), con l’aggravante di aver favorito i clan. Tredici anni e sei mesi ad Orazio Tosto, tredici anni e otto mesi a Giovambattista Campo, dieci anni e un mese ad Emanuele Faraci, dieci anni ad Angelo Famao, sette anni e un mese a Guido Legname, sei anni ad Emanuele Puccio, quattro anni e sei mesi a Manuele Rolla, quattro anni e un mese ciascuno per Nunzio Alabiso ed Emanuele Campo, quattro anni a Nicolò Ciaramella e Francesco Metellino, tre anni a Loreto Saverino e Melchiorre Scerra, due anni e otto mesi a Gaetano Davide Trainito e due anni a Rosario Perna.

L’assoluzione è arrivata solo per Emanuele Emmanuello (difeso dall’avvocato Filippo Spina), Daniele Puccio e Giuseppe Di Noto (difesi dall’avvocato Davide Limoncello), Pietro Caruso (difeso dagli avvocati Flavio Sinatra e Cristina Alfieri) e Angelo Scialabba. Anche alcuni degli assolti si sono rivolti comunque ai giudici di secondo grado, per chiedere la revoca delle misure imposte dal collegio del tribunale di Gela. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giacomo Ventura, Carmelo Tuccio, Ignazio Raniolo, Francesco Enia, Maurizio Scicolone, Raffaela Nastasi, Mario Brancato, Salvatore Priola, Alessandro Del Giudice, Carlo Aiello, Salvatore Pappalardo e Antonio Impellizzeri.

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