Blitz “Showdown”, indagati si difendono: “”Pina” non la usavamo sempre…giocavano in altre bische”

 
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I carabinieri e i pm della procura hanno individuato il sistema usato per controllare le giocate

Gela. “Non c’è nessuna organizzazione. “Pina”? In due anni, l’avremo utilizzata appena una decina di volte”. Gli arrestati al termine del blitz “Showdown” hanno parlato davanti al giudice delle indagini preliminari. Il trentasettenne Rosario Romano ha ridimensionato il ruolo dei coinvolti. “Pina” la sapeva usare solo Lauria – ha spiegato – ci serviva dopo pesanti perdite, per recuperarle”. Secondo l’indagato, difeso dagli avvocati Giuseppe Cascino e Maria Cascino, tanti giocatori della bisca di via Citelli, che sarebbe stata gestita da lui e dal trentatreenne Calogero Lo Porto, si muovevano in giro per la Sicilia, conoscendo bene altre bische dello stesso tipo. “Ci davamo appuntamento come fanno i cacciatori”, avrebbe precisato. Ha escluso ingenti perdite da parte dei “clienti” più assidui. I presunti organizzatori del giro illecito di texas hold’em avrebbero invece guadagnato sulle commissioni che intascavano, direttamente dalle giocate.

Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, ma hanno comunque rilasciato dichiarazioni, sia il presunto socio di Romano, Calogero Lo Porto (difeso dall’avvocato Flavio Sinatra), sia il quarantasettenne Vincenzo Lauria (difeso dal legale Salvatore Graci), che secondo gli investigatori avrebbe avuto la disponibilità anche della cocaina, che in alcune occasioni veniva venduta all’interno della bisca. La difesa di Romano, dopo le dichiarazioni rilasciate, ha chiesto la sostituzione della misura cautelare. I tre sono attualmente ai domiciliari.

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