La bufala del Piano Marshall e i generali che uccisero contadini e civili meridionali

 
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Lo sbarco a Gela. Foto di: http://pocobello.blogspot.com/2014/04/ordine-di-patton-uccidete-i-prigionieri.html

Gela. Fino a quando i faldoni relativi alla guerra civile e alla occupazione militare dei piemontesi del Regno delle due Sicilie, custoditi negli archivi di stato di Torino, non verranno resi accessibili al pubblico meridionale, ogni debugging che ci viene proposto dai nostri gentili lettori, assume visivamente un fondo di verità.
Certo la strumentalizzazione esagerata se Fenestrelle o finestrella, fosse una fortezza dei Savoia, oppure un nome letto male o se tra i fucilati di Castellammare due erano donne non uomini, ma sempre fucilati, forse perché in alcuni testi si trovano versione diverse, per errore di battitura, non mi scandalizzano più di tanto.
Mi scandalizzano le strumentalizzazioni, per fare un esempio i morti di Pontelandolfo e Casalduni, non furono 14 (solo quelli di una parrocchia della città), ma secondo la maggioranza dei ricercatori, superarono le cinquecento unità e forse raggiunsero le migliaia (testo di Giordano Bruno Guerri, Il sangue del sud, o Pino Aprile). Il testo di De Sivo, nell’edizione Grimaldi & C. Editori Napoli, “Storia delle due Sicilie dal 1841 al 1866”, è composto di 2 volumi, pubblicati da il Giglio, di 502 e 513 pagine, il 3 volume presumo che sia stato stampato dai sostenitori della famiglia Reale dei Savoia.
Mentre il testo di Michele Vocino “Primati del Regno di Napoli”, prima dell’unità d’Italia, non tiene conto di tutte quelle corbellerie asserite dal nostro attento lettore. Anche il testo di Antonio Forgione “Made in Naples” nell’elogiare e mettere in evidenza lo sviluppo industriale di Napoli e del regno delle due Sicilie, molti secoli prima dell’invasione piemontese, stava vivendo il sogno di Tommaso Campanella.

Comunque lo stesso Nicola Zitara, nel suo testo “L’invenzione del mezzogiorno”, una storia finanziaria, pubblicato dalla Jaca Book doveva essere rincoglionito come tutto il popolo meridionale, dove i suoi abitanti esperti navigatori che fino al quel momento avevano solcato tutti i mari conosciuti, si siano lasciati infinocchiare e colonizzare dai piemontesi. Santino Caramella è stato rettore all’università di Pisa, di Messina e di Catania e nel 1968 in qualità di pro rettore, presiedeva la commissione di esami universitari di Palermo, composta dai docenti Massimo Ganci (relatore), Virgilio Titone, Francesco Giunta, Francesco Renda e Francesco Brancato.
Sulla rivolta contro i Cutrara a Castellammare del Golfo, il testo più esaustivo è quello di Michele Antonino Crociata, laureato all’università di Palermo il 24 novembre 1968. Per la lettura dei testi non mi pronuncio, perché molto soggettiva e riguardano le tendenze politico-sociale più specificatamente gli interessi personali. Sul fatto che i Savoia nel 1946 fossero all’estero, tutta l’Italia ne era informata, perché dopo l’8 settembre del 1943 il re con il Gen. Badoglio, dopo avere letto l’armistizio, scapparono con le valigie piene di monete all’estero, lasciando l’Italia nel caos più profondo. Meraviglioso comportamento di uomini di governo. Allora iniziarono i veri morti dei militari italiani, già nel settembre nero del 1940 le prime rappresaglie con l’aiuto dei nostri liberatori, il massacro dei sommergibili italiani (più di 100). Comunque non mi sogno minimamente di fare apologia del fascismo né del regime di Mussolini, desidererei soltanto che la storia venisse scritta non solo dai vincitori, ma obiettivamente da storici non prezzolati o disonesti, come è avvenuto in questo ultimo secolo. Un mondo obiettivo penso che si possa trovare nella lettura di storici romani o greci quale: Polibio, Svetonio, Cicerone (Le Tuscolane, Orazioni Cesariane), Tucidide, Senofonte e parte dei testi greci o latini, che insegnano moltissimo.
Ma in ultima analisi, come si spiega il tracollo delle due sicilie subito dopo l’occupazione piemontese? Come si spiega il progresso delle imprese del nord, così repentino, quando per millenni sono rimasti fermi a lottare con la fame? Come si spiegano la costruzione di ferrovie, autostrade ed eccellenze varie, comprese le università solo al nord e oscurantismo al sud? L’Europa si è mossa con il tentativo di aprire qualche struttura Europea in Italia, ma strano a dirsi. Dove si sono aperte scuole universitarie e studi vari se non al nord? (Firenze, un esempio)
Il piano Marshall degli Americani, che doveva ricostruire l’Italia, quale imprese del sud ha favorito se non la mafia in stretto contatto con gli americani e il governo Italiano? La cassa per il mezzogiorno, nata per aiutare il sud, da chi fu gestita se non dalle imprese del nord, perfettamente organizzate? Anche qui fu molto aiutata la mafia. Come si spiega l’ultimazione della autostrada del sole completata solo in questi ultimi anni? Tutto questo solo per piangerci pedissequamente addosso? La consapevolezza di questo progresso è così radicata al nord che in televisione in ogni telegiornale viene letta una rubrica intitolata “viaggiare informati” e il cronista giustamente si ferma ad elencare solo le città e i paesi del nord, ricchi di autostrade, fermandosi a Napoli e qualche volta a Salerno. L’altra Italia, esiste? E’ falso, esiste quando si parla di mafia o di povertà o arretratezza, Questo progresso l’hanno avuto per grazia divina, noi denigratori del vero Dio ne rimaniamo puniti?
Siamo ancora in attesa di quanto promesso dal milanese Alessandro Manzoni nel suo testo “I promessi sposi” La divina provvidenza manifesterà il suo potere?, noi l’aspettiamo.
Oggi il nord, chiede autonomia, per evitare che il reddito prodotto al nord, non venga trasferito al sud ad alimentare gente inerme ed incapace, noi che siamo stati tra i primi ad avere l’autonomia non siamo stati capaci di attuarla. Ma siamo in linea, perché, i nostri padroni ci hanno insegnato e tramandato, che siamo sempre stati poveri, incolti, ignoranti e briganti. Nessuno vuole escludere l’incapacità di tutti i Governatori che si sono succeduti, ma ho molte riserve ad accettare la responsabilità del popolo che li ha votati, perché una forza suprema ha voluto che le cose rimanessero tali e quali, per non cambiare niente. Il principe di Salina docet nel Gattopardo. Questo il pensiero di Tommaso di Lampedusa. E’ interessante, ricordare come gli eroi piemontesi, che hanno decimato il meridione, definiti da Antonino Ciano “criminali di guerra”, condussero nel 1866 la guerra contro l’Austria per la liberazione del Veneto e della Lombardia, ancora sotto il dominio Austriaco: dalla dichiarazione di guerra, inviata dal Gen. La Marmora a S.A.I l’arciduca Alberto, comandante supremo dell’esercito Austriaco il 20 giugno 1866, si evince chiaramente che l’Austria, ha sempre contribuito a rendere l’Italia divisa ed oppressa e perciò viene inviato un ultimatum di 3 giorni all’inizio delle ostilità. Viene puntualizzato che il re Vittorio Emanuele II, aveva ricevuto dall’Austria la proposta della cessione del Veneto per fermare la guerra con la sua neutralità. Ma i Generali Bixio, Cialdini, Della Rocca, Sirtori, riunitisi con La Marmora e V.E. II, rifiutarono la proposta perché dovevano difendere l’onore militare e i morti di Goito e Pastrengo. Considerando che l’esercito di Vittorio Emanuele II era composto da 123.000 soldati e l’esercito Austriaco da 60.000 soldati, gli eroici generali Italiani erano sicuri di vincere la partita e annientare l’esercito austriaco. Le cose andarono diversamente e il Generale Cialdini che disponeva del maggior numero di risorse militari e doveva solo valicare il Po e marciare su Rovigo, trovò grosse difficoltà e dovette far ripassare il Po a quelle truppe che l’avevano attraversato per ripigliare le sue posizioni ed aspettare ordini dall’alto comando. Il Generale Maurizio De Sonnaz, saccheggiatore di conventi nel meridione, il generale Della Rocca, massacratore di contadini, così i generali Cugia, Durando, Govone, Bixio che fece fucilare i contadini a Bronte, a Regalbuto, a Niscemi, tutti considerati eroi dai piemontesi, si mostrarono codardi nei confronti degli austriaci.
La Marmora dopo la sconfitta fu costretto a dimettersi e i giornali torinesi dell’epoca, non risparmiarono insulti al generale che occupava più cariche. Nella battaglia di Lissa, come si comportò il generale Persano?
Il generale disponeva di 23 navi, di cui 17 corazzate, oltre al terribile affondatore, mentre la marina austriaca aveva solo 7 navi in ferro e il resto rassomigliavano a bastimenti da pesca che misero in fuga la flotta italiana inseguita verso Ancona. Così il grande generale Persano che bombardò Ancona e Gaeta e sapeva attaccare solo fortezze difese dal re Francesco, ormai sconfitto, fu sbaragliato e costretto a fuggire per vigliaccheria. Questi i generali Italiani che combatterono contro i contadini e civili inermi e contro i nostri briganti, che solo Antonino Ciano chiama partigiani, si dimostrarono inutili e vigliacchi. Avremo occasione di esaminare il loro comportamento nelle guerre coloniali (Antonino Ciano, I Savoia e il Massacro del sud).

2 Commenti

  1. Luigi Maganuco è uno scrittore torrenziale ma un lettore distratto e qualche volta – certo in perfetta buona fede – disinformato.
    Non sa che tutta la documentazione custodita negli Archivi di Stato, compreso quello di Torino, è liberamente consultabile per legge da chiunque, a prescindere dalla regione o dalla nazione di nascita, come potrà personalmente controllare entrando in uno qualunque di essi, Torino incluso.
    Non sa che perfino Gigi Di Fiore, del quale immagino conosca i numerosi studi e la posizione schiettamente “revisionista” e filo-borbonica, sostiene testualmente che a Pontelandolfo «i morti furono decine (mai parlato di migliaia) tra il 14 agosto e le rappresaglie sui monti nei giorni successivi» (G. Di Fiore, Pontelandolfo fu «punito», Corriere del Mezzogiorno, 4-1-2019), e che tutte le fonti coeve concordano sul numero di morti indicato dallo studio di Davide Fernando Panella, «L’incendio di Pontelandolfo e Casalduni» del quale non indico l’edizione in volume perché è liberamente consultabile nel sito «brigantaggio.net», che non è finanziato dai Savoia.
    Non sa che Giacinto De Sivo, prima di morire il 19 novembre 1867, pubblicò la sua «Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861» in «cinque» volumi (vol. I, Roma, Salvini, 1863; II, Roma, Salvini, 1864; III, Verona, Vicentini e Franchini, 1865; vol. IV e vol. V, Viterbo, Sperandio Pompei, 1867) e non si è neppure reso conto, malgrado io l’avessi chiaramente indicato, che avevo tratto le mie citazioni appunto da quella prima edizione i cui stampatori non erano ovviamente sostenitori della monarchia sabauda.
    Non sa che dopo il 1860 nelle regioni meridionali, Sicilia compresa, si cominciò a costruire la rete ferroviaria prima limitata a parte della Campania, che perfino il porto di Terranova di Sicilia fu ampliato per poter accogliere imbarcazioni di grosso tonnellaggio solo dopo quella data, e che la maggior parte delle università meridionali furono fondate dopo il 1861.
    Non sa che le «Tusculanae Disputationes» di Cicerone non sono un testo storiografico.
    Non sa che l’autore del romanzo «Il Gattopardo» si chiamava Giuseppe Tomasi di Lampedusa, e non Tommaso di Lampedusa.
    Noto invece con piacere che si è accorto che Santino Caramella non fu mai rettore dell’Università di Palermo.
    Se ci riesce, infine, indichi quali sarebbero le «corbellerie» contenute nei miei interventi, visto che io indico sempre puntualmente quelle che lui ricava dagli «storici» dai quali attinge, e che i lettori del suo giornale – che mi auguro di non aver annoiato con queste righe – hanno il diritto di poter giudicare chi scrive e che cosa si scrive sulla base di dati certi e non di chiacchiere. Lo informo comunque che nei miei libri nessun recensore ha mai denunciato la presenza di «corbellerie»; se vuol provarci lui …
    Se infine Maganuco trova fastidiosi i miei interventi, può sempre evitare che vengano pubblicati.

  2. Nel suo pezzo del 26 maggio Luigi Maganuco afferma che solo dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 «iniziarono i veri morti dei militari italiani». Non saprei dire cosa distingua i «veri» morti dagli altri. Sul numero dei morti italiani durante la seconda guerra mondiale invece qualcosa so, anche perché in proposito esiste un rapporto completo redatto dall’Istat nell’anno 1957: «Morti e dispersi per cause belliche negli anni 1940-45», che i lettori interessati potranno trovare su google-books.
    Prima della firma dell’armistizio le perdite dell’esercito italiano furono di 92.767 morti e 105.734 dispersi, per un totale di 198.501 uomini. Dopo l’8 settembre si ebbero 66.075 caduti (e lascio a chi lo vorrà scoprire quanti di essi morirono combattendo contro le truppe naziste per salvare l’onore dell’esercito italiano) e 19.840 dispersi per un totale di 85.915 uomini.
    In mare morirono 9290 uomini nel periodo 10 giugno 1940-8 settembre 1943, 2429 uomini dopo la firma dell’armistizio.
    Luigi Maganuco mi è simpatico, altrimenti non commenterei i suoi articoli: però continuo a chiedermi quali libri di storia legga.

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