Caddero accuse di mafia, Cassazione dà ragione ad operaio: “Si valuti ingiusta detenzione”

 
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Gela. Già all’epoca dei fatti, ormai tredici anni fa, lavorava come elettricista, in trasferta. Emanuele Caltagirone fu coinvolto nell’inchiesta antimafia “Compendium”, ma le accuse nei suoi confronti caddero del tutto e arrivò l’assoluzione, già in primo grado. Non ebbe mai rapporti con esponenti della criminalità organizzata. I giudici della Corte d’appello di Caltanissetta dovranno nuovamente valutare la richiesta di un indennizzo, per ingiusta detenzione, che la difesa di Caltagirone ha avanzato. Subito dopo il blitz, infatti, subì un periodo di carcerazione. L’assoluzione, con formula piena, lo scagionò da ogni accusa e per questa ragione il legale che lo rappresenta, l’avvocato Carmelo Tuccio, ha avviato la procedura per un risarcimento, per il periodo di ingiusta detenzione patito. La Cassazione, per due volte, gli ha dato ragione. Una prima pronuncia della Corte d’appello, però, ha avuto esito sfavorevole.

E’ stata impugnata, con i giudici romani che hanno annullato l’ordinanza di appello, disponendo che venga valutata nuovamente la richiesta di un indennizzo. Sono state pubblicate le motivazioni di una decisione della quale avevamo riferito alcuni mesi fa. La stessa Cassazione, prima di quest’ultimo verdetto, aveva accolto un precedente ricorso della difesa di Caltagirone, ma la Corte d’appello aveva respinto la richiesta. Ora, sempre a seguito di una pronuncia favorevole dei giudici romani, quelli nisseni dovranno ritornare sul caso.

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