Carcere “inumano”, la denuncia del detenuto Greco va alla suprema corte

 
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Gela. Alla fine, il caso del quarantenne Emanuele Greco ha aperto uno spiraglio anche davanti ai giudici della Corte costituzionale.

L’avvocato Giacomo Ventura, suo rappresentante legale, attende che venga fissata la data dell’udienza scaturita dal ricorso presentato davanti ai giudici del tribunale di sorveglianza di Milano.
Greco, ristretto nel carcere di Monza, ha denunciato condizioni detentive contrarie alla normativa in materia. Sono stati proprio i giudici milanesi a chiedere l’intervento dei supremi magistrati della Corte costituzionale.
Stando al verdetto emerso dal tribunale della libertà, il ricorso meritava maggiore approfondimento. Così, mancando la competenza in materia da parte dei giudici milanesi, saranno quelli costituzionali a pronunciarsi sulla legittimità della normativa in materia di differimento della pena.
Un’ipotesi, stando al codice di rito, prevista solo nel caso di gravi patologie e non, invece, di condizioni detentivi al limite. Greco, insieme al fratello, è stato ritenuto colpevole di aver partecipato al sequestro, a fini d’estorsione, di un imprenditore niscemese.
Azione messa a segno, insieme ad alcuni complici, compreso il boss Alessandro Emmanuello, nella città tedesca di Colonia. Nell’originario ricorso, il detenuto ha precisato di essere ristretto, all’interno del penitenziario di Monza, in una cella di soli nove metri quadrati insieme ad altri tre uomini. Cella che, peraltro, verserebbe in condizioni tutt’altro che idonee.
Adesso, saranno direttamente i giudici costituzionali a valutare se le norme del codice penale in materia possano effettivamente ritenersi illegittime, soprattutto davanti al caso sollevato da Greco e dal suo difensore.

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