Carcere più duro a stiddari, l’occhio del ministero sulle loro mosse

 
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Gela. Un rafforzamento del carcere duro: questo, hanno deciso i funzionari del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Destinatari del provvedimento, cinque detenuti, affiliati al gruppo della stidda.

I nominativi, allo stato attuale, sono coperti da segreto. In ogni caso, la scelta è stata assunta proprio allo scopo di amplificare gli effetti del 41 bis già imposto ai cinque. Nell’anno appena trascorso, il regime carcerario dei destinatari della decisione è stato gestito dai funzionari del gruppo operativo mobile: una delle costole del ministero della giustizia e, appunto, del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Le ragioni del rafforzamento non sono ancora del tutto note.
Non è da escludere, comunque, che possano trarre origine dai recenti arresti messi a segno dai carabinieri del reparto territoriale, su richiesta della procura retta dal magistrato Lucia Lotti: tutti confluiti nella maxi inchiesta anti mafia “Agorà”.
Gli affiliati alla stidda, attualmente detenuti, quindi, continuano ad essere osservati con particolare attenzione non solo dagli inquirenti ma anche dai funzionari del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Non sono pochi, allo stato attuale, i reclusi ancora legati alle loro originarie famiglie di mafia che, tra i tanti penitenziari del paese, vengono tenuti costantemente sotto controllo.
Proprio dagli esiti dell’indagine “Agorà” è emerso il ruolo di spicco che, solo pochi anni fa, continuava ad essere ricoperto da storici affiliati al nucleo originario della stidda. Il carcere duro imposto ai cinque, quindi, proseguirà con ulteriori misure restrittive: non è chiaro, comunque, se si tratti di un inasprimento definitivo oppure solo a tempo determinato.
Nei prossimi mesi, probabilmente, si potrà meglio capire la reale entità della scelta imposta ai detenuti, già sottoposti al 41 bis. La prossima mossa, in ogni caso, spetterà ai funzionari del ministero della giustizia e a quelli del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
I recenti dati pubblicati dai responsabili del gruppo operativo mobile, comunque, spiegano più di ogni altra considerazione il ruolo, ancora fin troppo primario, che diversi detenuti mantengono nelle loro famiglie di provenienza.

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