Cinquemila metri cubi di reflui non depurati sversati in mare, le accuse agli ex vertici di raffineria

 
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Gela. Un presunto sversamento in mare di oltre cinquemila metri cubi di reflui non depurati e altamente acidi.


Gli impianti non sarebbero stati fermati. Dietro a quanto riscontrato dai militari della capitaneria di porto, ma anche dagli operatori della polizia giudiziaria e dai tecnici dell’ex Provincia di Caltanissetta, ci sarebbe stato un anomalo funzionamento degli impianti di trattamento della raffineria Eni di contrada Piana Del Signore. A processo, davanti al giudice Marica Marino, c’è l’ex amministratore delegato di raffineria Bernardo Casa, insieme all’allora responsabile della Soi 4 Massimo Pessina e alla stessa società Raffineria di Gela spa. Lo sversamento risalirebbe a quattro anni fa. I reflui, in base a quanto accertato, sarebbero stati scaricati in mare, senza che si provvedesse alla fermata degli impianti dello stabilimento. In aula, attraverso l’esame di uno degli operatori di polizia giudiziaria, è stato ricostruito l’intervento che consentì di individuare le presunte anomalie. Accertamenti che, in realtà, sarebbero partiti da controlli di altro tipo, effettuati all’interno della raffineria. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Gualtiero Cataldo, Piero Amara e Alessandra Geraci. Nel procedimento, invece, sono parti civili il Comune e le associazioni Amici della Terra e Aria Nuova, con gli avvocati Joseph Donegani, Antonino Ficarra e Ausilia Faraci.

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