Come tradire Gramsci trascinandolo nella rissa politica

 
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La citazione che gira in rete

Nel 1990, ai tempi dei primi newsgroup su Usenet (una sottorete di Internet), l’avvocato e autore statunitense Mike Godwin formulò scherzosamente una legge sulle dinamiche delle discussioni in rete che da allora porta il suo nome e oggi descrive perfettamente alcune situazioni comunicative tipiche che si vengono a creare sui social network. La “legge di Godwin” dice: “Quanto più una discussine su Usenet va avanti, tanto più la probabilità che appaia un paragone riguardante i nazisti o Hitler tende a uno” (“As a Usenet discussion grows longer, the probability of a comparison involving Nazis or Hitler approaches 1”). Com’è evidente, si tratta di una riformulazione adattata al contesto della rete di una ben nota fallacia argomentativa, la “reductio ad Hitlerum”, cioè la mossa retorica scorretta che consiste nel colpire la credibilità morale dell’interlocutore suggerendo una qualche analogia tra le sue idee e quelle naziste (o fasciste, a seconda dei casi).
Ora, è ben noto che negli ultimi anni alcune importanti personalità della politica italiana, come Matteo Renzi e Laura Boldrini, siano state fatte oggetto in rete, da parte soprattutto di alcuni militanti leghisti, grillini e neofascisti, di una violenta campagna denigratoria basata su falsità plateali riguardanti parenti incapaci “sistemati” nelle istituzioni e amici favoriti per esempio nell’affare dei sacchetti di plastica, per non parlare del loro presunto coinvolgimento nel fantomatico complotto internazionale che vorrebbe sperimentare in Italia la sostituzione etnica attraverso una vera e propria invasione pilotata di immigrati. In questi casi, però, si tratta di montature così grossolane e grottesche da risultare degne di considerazione solo in vista di una futura indagine socio-psico-patologica sulla credulità umana.
Di gran lunga più interessanti, invece, sono quei casi di manipolazione propagandistica sottile e culturalmente avveduta. Uno in particolare, diretto contro i grillini e proveniente “da sinistra”, merita attenzione, sia perché coinvolge Antonio Gramsci sia perché è riuscito a penetrare le difese cognitive anche di persone tutt’altro che sprovvedute dal punto di vista intellettuale. Circola da un po’ di tempo in rete un meme rosso fiammante in cui una classica foto di Gramsci è posta sopra il seguente passo: «Il fascismo si è presentato come l’anti-partito, ha aperto le porte a tutti i candidati, ha dato modo a una moltitudine incomposta di coprire con una vernice di idealità politiche vaghe e nebulose lo straripare selvaggio delle passioni, degli odi, dei desideri. Il fascismo è divenuto così un fatto di costume, si è identificato con la psicologia antisociale di alcuni strati del popolo italiano. Antonio Gramsci, 1921». Come si vede, la strategia psicologica di quest’atto comunicativo è chiarissima: attratto da espressioni come “anti-partito”, “tutti i candidati”, “moltitudine incomposta” ecc., il lettore carico di pre-comprensioni sull’attualità politica è spinto inesorabilmente a pensare al Movimento 5 Stelle e al suo modo peculiare di organizzare il consenso e selezionare la classe dirigente. In tal modo si ha buon gioco a suggerire per “reductio ad Hitlerum” un accostamento tra il grillismo e il fascismo con il sigillo dell’“auctoritas” di un gigante della politologia come Gramsci, il quale, com’è ben noto, fu un acuto e precoce osservatore delle dinamiche socio-politiche che avrebbero condotto l’Italia tra le mani del regime di Mussolini. E così, pur essendo chiaro a tutti che Gramsci non può aver parlato del movimento fondato da Beppe Grillo, il suo modo di descrivere il fascismo in pericolosa crescita nel 1921 sembra dire che l’Italia di oggi sta ricadendo nella stessa trappola.

Ma di cosa parlava esattamente Gramsci in quel passo? Per capirlo bisogna ispezionare con attenzione la fonte originale e il suo contesto, e tale esame, come vedremo, riserva delle sorprese interessanti. Il passo si trova in un breve articolo non firmato dal titolo “Forze elementari” apparso il 26 aprile 1921 su “L’ordine nuovo”, il periodico fondato due anni prima da Gramsci e da altri intellettuali socialisti del gruppo torinese. La sua occasione è costituita dall’intervista di “Temps” all’allora presidente del consiglio e ministro dell’interno Giovanni Giolitti, nella quale quest’ultimo prometteva di ristabilire l’ordine in seguito ai gravi atti di squadrismo fascista verificatisi nel corso dei primi mesi di quell’anno in varie città italiane; tali atti, non sempre sotto il controllo diretto dei vertici del partito, si presentavano agli occhi di Gramsci come “uno scatenamento di forze elementari irrefrenabili nel sistema borghese di governo economico e politico”. Ed è precisamente a questo punto che egli inserisce il passo riportato nel meme, che tuttavia contiene, rispetto all’originale, dei tagli piccoli ma significativi, a dimostrazione dell’abilità manipolatoria dell’anonimo autore, il quale riesce a spostare il senso dell’analisi sociologica dell’articolo in una direzione che lo rende disponibile al fraintendimento voluto. Si noti infatti che, tra “ha dato modo” e “a una moltitudine incomposta”, l’originale contiene l’inciso “con la sua promessa di impunità”, mentre l’espressione “psicologia antisociale” semplifica, diciamo così, l’originale “psicologia barbarica e antisociale”. I tagli, come si vede, occultano abilmente il vero discorso di Gramsci, che sostanzialmente verte non sui militanti fascisti in quanto tali ma su dei volgari criminali arruolatisi nelle squadre fasciste per compiere impunemente dei crimini su commissione al fine di destabilizzare l’ordine pubblico. Che il senso del passo sia questo lo conferma inequivocabilmente quanto segue subito dopo, allorché lo stesso Gramsci spiega in quale quadro di riferimento socio-culturale vadano intese le sue affermazioni: “Per comprendere tutto il significato di queste affermazioni basta ricordare: che l’Italia aveva il primato per gli omicidi e per gli eccidi; che l’Italia è il paese dove le madri educano i figlioletti a colpi di zoccolo sulla testa, è il paese dove le generazioni giovani sono meno rispettate e protette; che in alcune regioni italiane sembrava naturale, fino a qualche anno fa, mettere la museruola ai vendemmiatori perché non mangiassero l’uva; che in alcune regioni i proprietari chiudevano a chiave nelle stalle i loro dipendenti al ritorno dal lavoro, per impedire le riunioni e la frequentazione delle scuole serali”.

Leggere, dunque, nel meme in questione un riferimento al pericolo “fascista” rappresentato dai grillini, con la garanzia del prestigioso autore che del fascismo fu la vittima più illustre, è come vedere il volto di Padre Pio nella macchia di umido su un muro o la testa di un cane in una nuvola: è lo stesso tipo di illusione, però spostata dal piano della percezione visiva (pareidolia) a quello della comprensione del testo.
Il Movimento 5 Stelle, esattamente come ogni altra forza politica che si candidi al governo del paese, merita critiche attente e persino impietose, ma sempre leali, mentre l’uso di armi improprie e adulterate rischia di sortire l’effetto opposto rispetto a quello desiderato. Nel caso specifico qui discusso, poi, si aggiunge la grave mancanza di rispetto filologico nei confronti della parola stessa di uno dei monumenti più luminosi della nostra cultura letteraria e filosofica.

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