Con le sciabole i piemontesi hanno acquisito le banche pubbliche del meridione

 
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Vogliamo affrontare, l’argomento delle banche e il loro sviluppo, dopo l’unificazione forzata dell’Italia voluta da Cavour.
La Banca Nazionale Sarda, che operava nel regno Sabaudo, nel 1859, aveva solo due sedi, una a Genova e una a Torino e cinque succursali tra Alessandria, Cagliari, Cuneo, Nizza e Vercelli. Quell’anno, prima che gli Austriaci fossero battuti dalle forze di Napoleone III, la banca Sabauda portò il capitale sociale a 80.0000.000 per concederne un quinto al padronato lombardo, visto che in termini territoriali e di popolazione era il più vasto degli altri stati italiani di allora.
Dopo l’occupazione pacifica dell’Emilia, della Lombardia, della Romagna, dell’Umbria, delle Marche e di alcune province Laziali, avvenute tra il 1859 e 1860, il direttore Generale Carlo Bombrini aprì succursali in tutte quelle regioni, comprese il Regno delle Due Sicilie. Questo occupato con un’invasione disastrosa, permise l’istituzione di due sedi a Napoli e Palermo, resistette la Toscana. Bombrini, protetto da Cavour, aprì succursali ad: Ancona, Bergamo,Bologna, Brescia, Como, Messina, Modena, Parma, Perugia, Imperia (allora porto Maurizio) e Ravenna. Nel 1862 s’insediò a Catania, Cremona, Ferrara, Forlì, Pavia, Piacenza, Reggio Calabria e Sassari. Nel 1863 a Bari e Chieti. Nel 1864 a l’Aquila, Catanzaro, Foggia, Lecce e Savona. Nel 1865, in Toscana, dopo che i Fiorentini fecero trasferire la capitale da Torino a Firenze, si aprirono le succursali di Ascoli Piceno, Carrara, Lodi, Macerata, Pesaro, Reggio Emilia, Siracusa, Firenze e Vigevano. Nel 1866 s’insediò a Caltanissetta, Cosenza, Agrigento, Novara, Salerno, Trapani, Teramo.
Nel 1867, acquisito il Veneto, I Savoia comprarono la Banca Veneziana e la trasformarono nella propria sede di Venezia. Questa penetrazione capillare proseguì dopo l’annessione di Roma avvenuta nel 1870. Una Banca privata che possedeva un capitale risicato di 5.000.000 d’oro in cassa, non poteva permettersi economicamente una penetrazione così importante senza l’aiuto dei bersaglieri Piemontesi, visto anche i milioni di debiti con la famiglia dei Rothschild e altri banchieri europei. Questa espansione fu fatta sotto il sigillo dello stato Sabaudo ed era indegna per uno stato che si proclamava fondato sulla volontà della nazione e sulla grazia di Dio. Gli storici prezzolati distorcono la verità per nascondere le malefatte del sistema sostenuto da Cavour e fanno apparire queste ignobili sopraffazioni che vengono mostrate come un eroico atto di devozione verso la patria redente. Con questa politica di espansione venne definitivamente chiusa la Cassa di sconto del Regno Duosiciliano, mentre le atre banche del meridione vengono ibernate, come il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia. Lo Stato dei Savoia non era un mercante e quindi non poteva arrischiare il suo buon nome in affari privati e non poteva accettare l’esistenza di una Banca pubblica, perciò bisognava chiuderla. La Banca Nazionale, ex Banca nazionale Sarda, si presentò nel nuovo stato unificato con le sciabole dei conquistatori Toscopadani e il suo fondatore Bombrini si precipitò a Napoli per trattare la chiusura del Banco di Napoli, proponendo l’incorporazione dello stesso nella Banca Nazionale. Una Banca privata che impone l’acquisizione di una Banca di emissione pubblica, può permetterselo solo utilizzando le sciabole dei Piemontesi che agì in maniera sporca ed operò contro lo stesso statuto Albertino.

Lo statuto prevedeva l’emissione di carta moneta, soltanto a fronte del deposito di numerario che veniva sempre disatteso. Le uniche Banche in regola in Italia erano il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia . Questa regola scritta non era stata mai osservata dalle banche private del regno Sabaudo. La toscana, regione dei Bardi e dei Medici,fece entrare la Banca Nazionale, subito dopo il trasferimento della capitale da Torino a Firenze. Infatti, dicono, che i biglietti della banca Toscana erano garantiti dallo Stato, come le fedi di credito erano garantite dal Governo duosiciliano. Quando la Banca Nazionale entrò sulla scena Italiana era in condizioni fallimentari ma appariva anche perdente per la sue modeste condizioni finanziarie, perchè il modello delle Banche del Regno delle due Sicilie, che disponeva di grosse riserve, era superiore per esperienza del personale e cultura economica. Comunque, dopo la morte di Cavour, lo giurista napoletano Giovanni Mara, definito tra gli ”utili idioti” voleva creare per tutti gli italiani una specie di tavola rotonda per la creazione di una banca sotto il controllo del padronato di tutte le regioni, teoria in contrasto con i principi di Bombrini. Finalmente il 10/08/1893 con legge 449 decisero di costituire Banca d’Italia unificando 4 Banche: Banca Nazionale del Regno d’Italia, Banca Nazionale Toscana, Banca Toscana di Credito e Banca Romana in liquidazione, gestita da Banca Toscana. Tra gli azionisti anche Bombrini, Bastogi e Balduino.
Fonte “L’invenzione del mezzogiorno una storia finanziaria” di Nicola Zitara.

2 Commenti

  1. Sempre massonerie di mezzo, diciamolo però, non chiudiamo gli occhi di fronte alla verità principe. Del resto dov’è che non si trova la massoneria?

  2. Non si capisce – ma capita spesso che non si capisca bene ciò che scrivono coloro che usano l’inesistente aggettivo “duosiciliano” – cosa si intenda nel testo affermando che il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia furono “ibernati” dopo il 1860. I due banchi dopo quella data mantennero le loro prerogative – tra l’altro furono entrambi “istituti di emissione” fino alla riforma del 1926 – e continuarono regolarmente la loro attività. In Sicilia inoltre proprio nel 1861 venne finalmente creata una cassa di risparmio, la “Cassa Centrale di risparmio Vittorio Emanuele per le province siciliane”, operazione che non si era riusciti a compiere durante il governo borbonico.
    Segnalo infine che la banconota posta in testa all’articolo è un falso.

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