Confisca Missuto, “no revoca per due immobili”: Cassazione conferma la misura

 
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Gela. La confisca di due immobili non va revocata, come invece era stato chiesto dai legali di difesa dell’imprenditore Sandro Missuto e dei suoi familiari. I giudici della Corte di Cassazione non hanno accolto il ricorso e sono state pubblicate le motivazioni. Missuto è stato condannato, in via definitiva, per i fatti dell’inchiesta sulle estorsioni alla società romana Safab, che fu impegnata in importanti lavori pubblici sul territorio. Diversi beni, riconducibili all’imprenditore e ai familiari, vennero confiscati, con provvedimento anche in questo caso diventato definitivo. Lo scorso anno, Missuto fu arrestato per scontare la pena. Per i legali che si sono rivolti ai giudici romani, i due immobili non sarebbero dovuti finire sotto confisca, visto che vennero ristrutturati attraverso le aziende della famiglia, che i giudici di appello di Caltanissetta ritennero non toccate da eventuali sproporzioni né da possibili interessi mafiosi. Sempre in appello, cadde una delle contestazioni estorsive, mosse a Missuto. Il ricorso, però, non è stato accolto dai giudici romani, che invece hanno confermato quanto già stabilito dalla Corte di appello nissena, in fase di prevenzione. I difensori, gli avvocati Roberto Tricoli, Luigi Miceli e Franco Coppi, anche con memorie, hanno fatto rilevare il contrasto delle decisioni. Se in fase di prevenzione, la Corte d’appello di Caltanissetta aveva confermato la pronuncia del tribunale nisseno, con la confisca di tutti i beni; nel procedimento nei confronti di Missuto, invece, emerse l’estraneità delle aziende, con la revoca della confisca. Per le difese, attraverso “l’approfondita istruttoria svolta dai giudici della cognizione, si era pacificamente accertato che le spese di ristrutturazione dei due immobili confiscati non erano state sostenute dalle persone fisiche ma con l’impiego in economia di propria manodopera da parte delle società Icam srl, Igm srl  e della ditta individuale Missuto, in maniera manifestamente lecita”.

I giudici di Cassazione hanno però escluso che possano esserci le condizioni per revocare la confisca degli immobili. “La Corte territoriale ha fornito esauriente replica alle deduzioni difensive, correttamente applicando i superiori principi di diritto; la decisione resiste alle censure riproposte in questa sede, dovendosi sottolineare che, secondo la stessa prospettazione dei ricorrenti, la confisca dei cespiti nell’ambito del procedimento di prevenzione era stata disposta in ragione dell’assenza di redditi sufficienti per operare non solo le ristrutturazioni, ma anche gli acquisti degli stessi e che l’esito dell’accertamento tecnico svolto nel giudizio di cognizione aveva ridimensionato la sproporzione rilevata nel procedimento di prevenzione, ma non l’aveva completamente eliminata”, si legge nelle motivazioni. La procura generale aveva chiesto di respingere la revoca della confisca.

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