Confiscati beni per 4 milioni di euro, commercialista in appello: depositato il ricorso

 
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Sotto confisca anche la riserva di caccia e le attività di ristorazione avviate nell'ennese

Gela. La confisca è stata disposta dai giudici del tribunale delle misure di prevenzione di Caltanissetta, su proposta dei pm della procura gelese. Al commercialista quarantanovenne Salvatore Cascino sono stati confiscati beni per un valore di quattro milioni di euro, compresa una vasta attività ricettizia nell’ennese. In base alle accuse, i proventi a disposizione del professionista sarebbero frutto di attività illecite, realizzate nel tempo. La confisca era già stata contestata dai legali del quarantanovenne, ma il tribunale nisseno ha dato esito favorevole alle richieste della procura. Ora, saranno i giudici di appello ad occuparsi dell’intera vicenda. I difensori di Cascino hanno depositato il ricorso, nel quale rivedono del tutto, punto per punto, le motivazioni rilasciate dai giudici di primo grado. Gli avvocati Marco Martino, Maurizio Scicolone e Rocco Bruzzese, passano in rassegna tutti gli aspetti giurisprudenziali, che in base al loro ricorso escluderebbero la fondatezza della confisca. Secondo questa linea, mancherebbero sia gli elementi soggettivi che quelli oggettivi a fondamento della misura, che ha toccato una parte consistente del patrimonio del professionista. Tra gli altri punti, i legali indicano tutte le decisioni giudiziarie che negli ultimi anni hanno escluso condotte illecite del quarantanovenne, al quale è stata mossa una pericolosità “generica”. Le uniche condanne riportate riguardano una contestazione legata all’articolo 416 del codice penale e una compensazione, che è stata ammessa. Al commercialista, nel corso di parecchi anni ormai, sono state mosse prevalentemente accuse su presunti illeciti in materia fiscale e tributaria. I finanzieri, durante le indagini, hanno ipotizzato un “metodo Cascino”, che però secondo le difese non è mai stato riconosciuto da nessun tribunale, compreso quello di Brescia, che invece ha indicato come legittime le parcelle ottenute nei rapporti con un’azienda di quel territorio, finite al centro di un’altra inchiesta. Nel ricorso vengono elencate le assoluzioni ottenute, ma che per le difese il tribunale delle misure di prevenzione non ha preso in esame. I legali, inoltre, sono convinti che non ci sia mai stata una sproporzione tra i redditi di Cascino e le sue attività, correlate da investimenti effettuati anche nell’ennese. Pure il lasso di tempo considerato dagli inquirenti viene indicato come sproporzionato e nel ricorso si mette in dubbio il fatto che il professionista abbia continuato a frequentare soggetti gravati da precedenti penali, per reati in materia tributaria e fiscale. Vengono ricondotti solo a rapporti di lavoro e professionali.

Saranno i giudici della Corte d’appello di Caltanissetta a valutare le carte del procedimento e il contenuto della decisione di primo grado, che ha fatto scattare la confisca eseguita dalla Dia e ora impugnata dalle difese.  Il commercialista si è sempre detto estraneo alle accuse, facendo leva anche sulle pronunce favorevoli ottenute nel tempo, dall’archiviazione nell’inchiesta “Ghost” fino alle assoluzioni per le accuse di illeciti tributari e fiscali.

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