Contatti tra Rinzivillo e due carabinieri, “spinse per il rientro in Italia di uno dei “carcagnusi”

 
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Gela. Continua a girare intorno al ruolo del presunto boss Salvatore Rinzivillo l’istruttoria dibattimentale avviata davanti al collegio penale del tribunale (presieduto dal giudice Miriam D’Amore e a latere Marica Marino e Silvia Passanisi). In questo filone processuale, Rinzivillo non risulta tra gli imputati, avendo scelto il rito abbreviato. E’ proseguito l’esame in aula di uno degli investigatori che si occupò dell’inchiesta “Extra fines-Druso”, che ha permesso alla Dda di Roma e a quella nissena di ricostruire le nuove “rotte” del clan Rinzivillo, anche nella capitale e fuori dai confini nazionali. Il cinquantanovenne, fratello degli ergastolani Antonio e Crocifisso, avrebbe avuto stretti contatti con due carabinieri, uno all’epoca assegnato ai servizi segreti interni. “Ci risulta che spinse con i due carabinieri per il rientro in Italia di un esponente del clan catanese dei “carcagnusi”, che era stato arrestato a Bratislava – ha spiegato il testimone – escludiamo che il carabiniere dei servizi fosse sotto copertura”. I contatti Rinzivillo li avrebbe tenuti con i militari Marco Lazzari e Cristiano Petrone, a loro volta coinvolti nell’indagine. “Chiedeva di accedere ad informazioni delle banche dati riservate”, ha proseguito il testimone. Rinzivillo, infatti, avrebbe ottenuto in questo modo dati anche su un esercente, gestore di un locale nel centro di Roma, che sarebbe stato vittima di richieste estorsive da parte dei suoi presunti sodali. Per l’accusa, sostenuta in aula dal pm della Dda nissena Luigi Leghissa, Rinzivillo avrebbe tutelato anche gli interessi di imprenditori del settore ittico a lui vicini. Ci sarebbe stato un rapporto tra lui e i Giannone, imputati nel giudizio. Ma le presunte mire lo avrebbero condotto a sondare il terreno statunitense.

E’ stato ricostruito l’arrivo di Vincenzo Mulè a New York. In base a quanto ricostruito dai pm, l’obiettivo era verificare la fattibilità del commercio di swarovski, che però non venne mai sviluppato. A processo sono Antonio Rinzivillo, Crocifisso Rinzivillo, Umberto Bongiorno, Emanuele Catania, Rosario Cattuto, Angelo Giannone, Carmelo Giannone, Giuseppe Licata, Francesco Maiale, Antonio Maranto, Antonio Passaro, Luigi Rinzivillo, Giuseppe Rosciglione, Alfredo Santangelo, Vincenzo Mulè, Luigi Savoldi e Fabio Stimolo. Per le difese, però, il quadro sarebbe del tutto diverso. Rinzivillo non avrebbe avuto alcuna capacità reddituale, al punto di chiedere in prestito denaro per gli spostamenti. Anche i tentativi di avviare attività economiche a Roma non sarebbero mai andati a buon fine.

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