“Stop agli impianti Eni, 80 milioni e bonifiche”, respinto il ricorso di 500 cittadini

 
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Gela. Confermata in pieno la sentenza dei giudici civili del tribunale che lo scorso dicembre hanno bocciato il ricorso straordinario proposto da circa 500 cittadini, che chiedevano lo stop di tutti gli impianti di Eni attivi in città e l’avvio immediato delle attività di bonifica. Dopo quel verdetto, i legali Luigi Fontanella, Laura Vassallo e Giuseppe Fontanella (che assistono i ricorrenti) hanno presentato reclamo. Il collegio, presieduto dal giudice Anna Maria Ciancio e composto anche da Valeria Vincenti e Stefani Sgroi, ha respinto questa nuova azione. Nessun “periculum in mora” stando ai giudici giustificherebbe il fermo degli impianti. C’è “un’assenza di pericolo imminente per la salute degli odierni reclamanti – si legge nelle motivazioni – derivante dalle attività attualmente svolta entro l’area del cosiddetto petrolchimico, ridottosi, come è emerso in istruttoria seppur nell’ambito della cognizione sommaria tipica dello strumento cautelare, a quelle riferibili agli impianti Tas, Taf, biologico organico e industriale oltre a quella meramente estrattiva”. Sul fronte delle bonifiche, così come indicato dai giudici nella prima sentenza, “posta l’esistenza pacifica di un ingente inquinamento entro l’area di Gela – si legge ancora – definita come Sin, in relazione all’attività ripristinatoria richiesta, il giudice di primo grado ha osservato, con giudizio condiviso dal collegio, che la predisposizione e l’attuazione delle bonifiche richieste, è di competenza dell’autorità amministrativa con al vertice il Ministero dell’ambiente e che pertanto, apparirebbe del tutto extra ordinem un provvedimento di altro potere dello Stato, come quello giurisdizionale”.

Per i legali dei cittadini, in base ad una maxi perizia, è certa la connessione tra presenza industriale e danni alla salute, dalle malfomazioni alle gravissime patologie, accertate con tassi percentuali spesso superiori alla media nazionale. Con il ricorso e il successivo reclamo, sono state chiamate in causa tutte le società del gruppo Eni attive in città, oltre al Comune che, però, con l’avvocato Mario Cosenza, ha addirittura ribaltato le carte, chiedendo che venissero accolte le richieste dei cittadini, imponendo alla multinazionale il pagamento di ottanta milioni di euro, da destinare ad un fondo di sussistenza in favore delle famiglie dei lavoratori, eventualmente costretti ad uscire dal ciclo produttivo proprio a seguito del fermo delle attività nel sito locale. Stando anche al collegio che ha valutato questa nuova azione, legali e cittadini dovrebbero rivolgersi al Ministero dell’ambiente a tutela del loro diritto alla tutela dell’ambiente, anche attraverso denunce agli uffici di prefettura. I giudici, infine, hanno dichiarato inammissibili i ricorsi incidentali presentati dai legali delle società Eni e dal Comune.

 

2 Commenti

  1. Se e il ministero dell ambiente a doversi pronunciare a riguardo( al netto della partecipazione statale in eni) e piu facile fare 6 al superenalotto che…….

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