Cosa nostra tra Gela e Niscemi, no a nuove richieste dei difensori: si decide per Barberi, Musto e Rizzo

 
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Gela. Nessun ulteriore approfondimento istruttorio. No alle nuove richieste dei difensori. Il giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Caltanissetta Alessandra Giunta ha detto no alle nuove richieste arrivate dai difensori di Alessandro Barberi, Alberto Musto e Fabrizio Rizzo, tutti accusati di voler ricostruire la famiglia di cosa nostra sull’asse Gela-Niscemi. Così, la decisione a loro carico dovrebbe arrivare il prossimo 8 maggio. Al centro delle richieste di verifica, c’era soprattutto il contenuto di alcune intercettazioni ambientali finite al centro dell’indagine “Fenice”. I legali di difesa, gli avvocati Francesco Spataro, Flavio Sinatra e Antonio Impellizzeri, avevano chiesto di ascoltare, in qualità di testimoni, alcuni degli agenti della squadra mobile di Caltanisseta che si occuparono della lunga inchiesta sfociata negli arresti non solo dei tre imputati ma anche di Luciano Albanelli, Salvatore Blanco e Alessandro Ficicchia, a loro volta finiti a processo davanti al collegio del tribunale di Gela.

I rapporti con Giugno e le ammissioni dell’ex collaboratore. Tutto partì dopo la scarcerazione di Alessandro Barberi, ritenuto molto vicino al boss niscemese Giancarlo Giugno. Il pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta Gabriele Paci ha chiesto la condanna per i tre imputati che hanno optato per il rito abbreviato. 12 anni di reclusione sono stati chiesti per Alessandro Barberi, 10 anni e 8 mesi per Alberto Musto e 8 anni, infine, per Fabrizio Rizzo. A fare luce sulle presunte intenzioni del gruppo di cosa nostra tra Gela e Niscemi, anche le dichiarazioni rese dall’ex collaboratore di giustizia Roberto Di Stefano, adesso uscito dal programma di protezione e arrestato a conclusione dell’indagine “Fabula”, incentrata sulla presunta ricostruzione della famiglia Rinzivillo a Gela.

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