“Dieci attentati e discoteca distrutta”, titolare Tanguera: “Denuncia anche usura”

 
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Uno degli attentati incendiari che distrusse la discoteca Tanguera

Gela. Dieci attentati, fino a quello del 2016 che distrusse completamente la discoteca “Tanguera”, in contrada Femmina Morta. Un’escalation intimidatoria raccontata in aula, davanti al collegio penale del tribunale, dal titolare della struttura, Roberto Satorini. Ha fatto un lungo excursus su quanto accaduto alla sua attività, fin dal momento dell’avvio. “Ho denunciato estorsioni e usura, per almeno cinquecentomila euro”, ha detto rispondendo alle domande del pm della Dda di Caltanissetta Nadia Caruso. I clan avevano messo nel mirino il “Tanguera”. Satorini dovette consegnare fino a tremila euro al mese, nel periodo estivo. E’ stato sentito nell’ambito del dibattimento avviato nei confronti di Francesco Carfì, Carmelo Di Dio, Vincenzo Di Giacomo, Emanuele Emmanuello, Gioacchino Lignano, Alessandro Scudera e Simone Nicastro. Tra le contestazioni, aggravate dalla vicinanza ai clan, l’aver imposto persone di fiducia per le attività di buttafuori, anche nel locale di Satorini. “Non ho mai fatto lavorare persone che mi venivano indicate – ha detto – Carfì è un mio amico, fin dall’infanzia. Ero io che lo contattavo. Emmanuello, mi pare, venne solo una volta insieme ad altri, ma poi non lavorò mai più nel locale. Anche Scudera è una mia vecchia conoscenza. Decisi comunque di affidarmi ad un’agenzia catanese, con personale regolarmente iscritto”. Il testimone ha spiegato le difficoltà che dovette sopportare, soprattutto a livello finanziario, dopo essere stato stretto nella morsa delle estorsioni e dell’usura. Decise di denunciare. Nel dibattimento, tra le parti civili c’è l’antiracket “Gaetano Giordano”. Satorini ha risposto alle domande davanti al collegio, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Marica Marino e Francesca Pulvirenti).

In aula, è stato sentito anche il titolare di un centro gomme. Venne sottoposto ad estorsione, così ha spiegato, da Vincenzo Di Giacomo e dai fratelli Nicastro. “Inizialmente, mi fu chiesto un prestito – ha spiegato – successivamente, ho dovuto pagare, in totale, circa mille euro”. Simone Nicastro gli avrebbe chiesto i soldi per acquistare giocattoli ai figli e sostentare la propria famiglia. I pm della Dda sono convinti che quelle richieste riguardassero solo il clan degli stiddari. Il testimone ha raccontato che avrebbe dovuto versare almeno 500 euro, a Natale e Pasqua. Nel procedimento, ha scelto di costituirsi parte civile, con l’avvocato Giovanni Bruscia, ed ha spiegato di aver aderito all’antiracket. Nel pool difensivo ci sono gli avvocati Flavio Sinatra, Davide Limoncello, Giovanni Cannizzaro, Filippo Spina, Nicoletta Cauchi, Cristina Alfieri e Alberto Fiore.

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