Diplomi “facili” e presenze ritoccate al “Michelangelo”, imputati in Cassazione: fissato giudizio

 
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Gela. Nel marzo di un anno fa, i giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno ridotto le condanne imposte in primo grado. Gli ex vertici di istituti scolastici paritari finiti al centro di una vasta indagine, compresi quelli del “Michelangelo” in città, si sono adesso rivolti alla Corte di Cassazione. I ricorsi presentati dai loro legali verranno valutati il prossimo luglio. I magistrati nisseni hanno condannato a due anni di reclusione Emanuele Cassarino, Ernesto Calogero, Giuseppe Malfitano e Giovanni Rapidà. In primo grado, invece, i giudici del collegio penale del tribunale di Gela avevano imposto quattro anni a Cassarino e Calogero, tre anni e quattro mesi a Rapidà e tre anni e tre mesi a Malfitano. La Corte d’appello, inoltre, ha disposto la condanna ad un anno di reclusione per Luigi Rizzari (in primo grado il verdetto era stato di due anni e tre mesi). Nonostante la richiesta di conferma formulata dalla procura generale, è stata accertata l’intervenuta prescrizione del reato associativo, con il riconoscimento delle attenuanti generiche rispetto all’accusa di falso in atto pubblico. Inoltre, come chiesto dai difensori, per tutti gli imputati c’è stato il riconoscimento della sospensione condizionale della pena. La decisione d’appello è stata impugnata e la Corte romana dovrà valutare le nuove richieste delle difese. Secondo gli investigatori, l’istituto paritario “Michelangelo” (legato ad altre scuole dello stesso tipo presenti in diverse province dell’isola) avrebbe garantito il rilascio di diplomi “facili”, anche a studenti che non frequentavano le lezioni.

Da quanto emerso, i responsabili dell’istituto avrebbero falsificato i registri di presenza. Ricostruzione sempre respinta dai difensori, che invece hanno ribadito la regolarità delle procedure adottate in quell’istituto e negli altri, finiti nell’indagine condotta dai pm della procura e dai finanzieri. Le difese (sostenute anche dagli avvocati Antonio Gagliano, Giuseppe Nicosia, Angelo Armenio e Vittorio Giardino). hanno più volte richiamato il decreto di archiviazione emesso dopo le verifiche investigative su iscritti e docenti dell’istituto, ritendo infondate le accuse mosse invece ai responsabili delle scuole.

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