“Donne d’onore”, imputati in appello: inchiesta sugli ordini di Liardo dal carcere

 
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Gela. E’ stato fissato il giudizio di appello nel procedimento sorto dall’inchiesta “Donne d’onore”. Le cinque condanne pronunciate dal collegio penale del tribunale di Gela risalgono allo scorso febbraio. L’inchiesta “Donne d’onore” si concentrò su Nicola Liardo e sui suoi familiari. Secondo i pm della Dda di Caltanissetta, Liardo, seppur detenuto, sarebbe stato in grado di gestire un giro di droga ed estorsioni, appoggiandosi ai familiari in libertà. Le richieste di condanna, formulate dai pm dell’antimafia in primo grado, sono state pesanti. I giudici del tribunale di Gela hanno emesso pene più tenui. Per Giuseppe Liardo e Monia Greco, rispettivamente figlio e moglie di Nicola Liardo, non è stata riconosciuta l’aggravante mafiosa. Le difese degli imputati condannati hanno presentato appello e lo stesso ha fatto la procura, che ha ritenuto lievi le pene rispetto alle contestazioni mosse. I giudici della Corte d’appello di Caltanissetta dovranno valutare anche il ricorso dei pm. In primo grado, al termine del dibattimento, sei anni e nove mesi di reclusione sono stati decisi proprio per Nicola Liardo (la richiesta dell’accusa era di ventuno anni di detenzione). Sei anni e sei mesi, invece, per il figlio, Giuseppe Liardo, sul quale pendevano diversi capi di accusa. La richiesta della Dda era di sedici anni e tre mesi. Gli sono state riconosciute le attenuanti generiche. Quattro anni di reclusione per Monia Greco. Le sono state riconosciute le attenuanti generiche (la richiesta era di dodici anni di detenzione). Otto mesi, con pena sospesa, per la figlia, Dorotea Liardo. Sono state riconosciute le attenuanti generiche e il capo di imputazione è stato riqualificato. Dai pm era stata avanzata la richiesta di condanna a dieci anni di detenzione. Tre anni e tre mesi di detenzione a Salvatore Raniolo. La richiesta di condanna era stata più consistente, a diciassette anni di detenzione. E’ stata riconosciuta la continuazione e le accuse sono state riqualificate. Anche i capi di imputazione maturati per il traffico di droga, ricostruito dai pm e dai carabinieri, sono stati riqualificati nelle ipotesi meno gravi.

Per Giuseppe Liardo l’assoluzione è stata pronunciata rispetto ai due danneggiamenti accertati dagli inquirenti. Non sono emersi elementi certi per ritenerlo coinvolto negli spari contro la saracinesca di un bar di corso Aldisio e contro l’abitazione di un imprenditore. Assoluzione che i giudici hanno pronunciato per Carmelo Martines. Difeso dall’avvocato Carmelo Tuccio, era accusato di aver partecipato alle azioni per intimidire i titolari del bar e l’imprenditore. L’assoluzione è stata pronunciata per Calogero Greco (difeso dall’avvocato Davide Limoncello), a sua volta ritenuto legato ad uno degli episodi di danneggiamento. Assoluzione, ma solo per uno dei capi di imputazione, anche per Nicola Liardo. Assolto, infine, Giuseppe Maganuco. Già in primo grado, le difese e gli imputati hanno contestato il contenuto delle intercettazioni, alla base dell’inchiesta. Un’indagine che si è intrecciata con quella che ha poi portato ad individuare i presunti responsabili dell’omicidio Sequino. Gli imputati sono difesi dagli avvocati gli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra e Davide Limoncello, che si sono rivolti ai giudici di appello. I magistrati nisseni dovranno valutare anche il ricorso della procura.

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