Due progetti e poco più di trenta (potenziali) posti di lavoro, i numeri “in rosso” dell’Accordo di programma

 
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Gela. Negli ultimi mesi, tra emergenze varie e tagli sempre dietro l’angolo, si sono quasi perse le tracce dei venticinque milioni di euro dell’Area di crisi complessa, che sulla carta sarebbero dovuti servire a richiamare l’attenzione di aziende interessate ad investire sul territorio, così da lanciare iniziative imprenditoriali, alternative a quelle di Eni. Già alla partenza, nonostante la procedura fosse stata presa in mano da Invitalia, gli intoppi non sono mai mancati. Venticinque milioni di euro, per un territorio al collasso economico e addirittura da spalmare su più di venti Comuni, sono stati ritenuti da sempre insufficienti. I sindacati l’hanno ripetuto in tutte le salse, contestando un accordo di programma, al di sotto di tutte le aspettative. Insomma, non erano quelle le cifre promesse da una politica che non è riuscita a strappare impegni veri, come capita troppo spesso a queste latitudini. Così, dei venticinque milioni, se andrà bene, ne verranno usati poco meno di sei. In base agli ultimi dati forniti da Invitalia, aggiornati al settembre dello scorso anno, sono solo due i progetti “in istruttoria”, che hanno superato una prima fase di verifica. Il bando iniziale ha fortemente limitato gli eventuali interessati, dato che i criteri economici di accesso erano piuttosto stringenti. In lizza, sono rimasti solo i progetti di Capital srl (per un finanziamento da 1.494.440,44 euro) e Brunetti Packaging (in questo caso il finanziamento è da 4.413.308,25 euro). La scarsa “affluenza” è dimostrata dal fatto che sui tavoli di Invitalia sono arrivate solo sei domande, inoltrate da potenziali investitori. I due progetti in istruttoria, che pare abbiano ancora possibilità di accedere ai finanziamenti finali, si traducono (in totale) in trentadue posti di lavoro. Undici indicati nelle carte presentate dalla Capital srl e ventuno in quelle della Brunetti Packaging. Assolutamente nulla rispetto alla grancassa suonata da tanta politica locale che sull’accordo di programma e sui soldi che sono stati stanziati da Regione e governo ha battuto per anni, prevedendo centinaia di potenziali posti di lavoro. Cosa ne sarà dei venti milioni di euro che teoricamente non verranno spesi, data l’assenza di progetti finanziabili, non è ancora chiaro.

L’intenzione dell’amministrazione comunale sarebbe rinegoziare le condizioni dell’accordo di programma, come spiegato negli scorsi mesi dal vicesindaco Terenziano Di Stefano, che ha parlato di “fallimento” nel descrivere l’esito del primo bando. Il governo ha aperto uno spiraglio sulle aree di crisi. E’ stata approvata e pubblicata la normativa che riforma la precedente disciplina e porta la firma del ministro Stefano Patuanelli. Criteri meno restrittivi, da un punto di vista di disponibilità economiche da investire, sembrano essere i cardini degli interventi di modifica. Sul piano pratico, dovrebbe servire ad allargare la potenziale platea di aziende selezionabili per ambire ai milioni di euro ancora in ballo. Cosa ne sarà di questi soldi è difficile dirlo. Sicuramente, i numeri resi pubblici da Invitalia dimostrano il fallimento di una filiera, politica e istituzionale, che si era battuta per ben altro.

2 Commenti

  1. Io arriverei a conclusioni diverse: a Gela (come nel resto della Sicilia) manca capacità progettuale. O meglio il tessuto imprenditoriale è deficitario di capacità progettuale e poco vocato all’innovazione. La classe politica ha ben altre colpe.

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