“E’ ancora pericoloso”, rinnovato 41 bis ad Alferi: ricorso al tribunale di sorveglianza

 
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Per Alferi è stato rinnovato il regime del 41 bis

Gela. Ormai da diversi anni è sottoposto al regime del carcere duro. Il cinquantanovenne Giuseppe “Peppe” Alferi è considerato capo indiscusso dell’omonimo gruppo di mafia, che dieci anni fa venne disarticolato con il blitz “Inferis”. Nei confronti di Alferi è stato rinnovato il regime del 41 bis. Una decisione formalizzata anche dal ministro della giustizia Carlo Nordio. Ci sono stati i pareri favorevoli della Direzione nazionale antimafia. Alferi è considerato ancora pericoloso e si ritiene che non abbia mai mostrato un vero ravvedimento. Il cinquantanovenne, anche nel corso dei procedimenti penali che l’hanno riguardato, ha sempre escluso di essere un mafioso mentre per gli inquirenti il suo gruppo è da inserire nella geografia della criminalità organizzata del territorio, considerato autonomo sia da Cosa nostra che dalla stidda. Il legale di difesa di Alferi, l’avvocato Maurizio Scicolone, ha impugnato il nuovo provvedimento che conferma il 41 bis. Si è rivolto ai giudici del tribunale di sorveglianza di Roma, che hanno la competenza in materia. Secondo la difesa, i procedimenti giudiziari avviati dopo il blitz “Inferis” non avrebbero mai dato prova concreta dell’esistenza di un gruppo di mafia capeggiato da Alferi, che si disse “un malandrino ma non un mafioso”.

In base a quanto indicato dal legale, inoltre, ormai da anni non si segnalano più fatti collegabili ad eventuali azioni riferibili agli Alfieri. Nel ricorso, che sarà trattato dai giudici romani, viene riportato che non ci sono più le condizioni per mantenere il regime speciale di detenzione imposto ad Alferi.

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