Eni, luci su una industrializzazione feroce già contestata che ha creato miseria

 
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Gela. Ancora una volta ho voluto trarre spunto dal testo scritto da Hytten e Marchione “Gela industrializzazione senza sviluppo”

riportando le conclusioni della mia tesi di laurea del 1970 “L’influenza dell’industrializzazione sull’agricoltura nel comune di Gela”.

Procediamo con ordine. Il libro di Hytten e Marchione era stato commissionato dai vertici Eni che, dopo avere seminato disastri in tutto il territorio della piana di Gela, capirono la necessità di raccontare al visitatore occasionale della piana la storia del grande sviluppo industriale realizzata in questo meridione colonizzato.

Nascono così, parti delle grandi strutture per significare al visitatore ignaro le grandi opere costruite. Manca ancora l’autostrada Gela-Siracusa che avrebbe dovuto collegare rapidamente i due diti del colosso energetico Eni.

Per chi giunge da nord  dalla strada statale Gela- Catania, tutto diventerà più chiaro: un Motel Agip campeggia all’ingresso della città, con un grande spiazzale, pompa di benzina, autovetture parcheggiate all’esterno (oggi Sileno).

Chi giunge da ovest (da Palermo, Agrigento, dal triangolo della miseria siciliana) vedrà il  grandioso villaggio residenziale di Macchitella, costruito per i dipendenti dell’industria di stato.  Nel villaggio, abitavano negli anni settanta, 734 famiglie e 105 dipendenti  non ammogliati nella casa albergo, con una popolazione complessiva di 4.500 persone. Le famiglie di operai gelesi che abitavano nel villaggio, erano 31 (trentuno), mentre quelli degli impiegati erano solo 4 (quattro), il resto formato da siciliani e peninsulari..

Chi arriva da est da Siracusa, Ragusa. (dal triangolo industriale della Sicilia), verrà subito colpito dalla vista del grande stabilimento industriale dell’Anic, con i fumi, le luci, le grandi attrezzature, i serbatoi e gli autotreni.

Vedrà sulla destra i centri olii dell’Agip Mineraria, e il centro logistico della Saipem Spa.

Sulla sinistra il deposito costiero dell’Agip Commerciale.  Con tutti gli alberi sulla vecchia strada, fatti sparire perché  bruciati dall’inquinamento atmosferico, provocato dai fumi del più grande stabilimento industriale d’Italia.

Sempre sulla sinistra, campeggia questo immenso centro industriale realizzato a pochi metri dal centro abitato, per non pagare ai lavoratori spese aggiuntive. Per chi viene dal mare, avvertirà la presenza del progresso mediante il grande porto isola costruito dall’Anic con i soldi della Regione, per accogliere grossi mercantili e petroliere, ma gestito da Eni.

Il quadro è completo, il passante penserà  quindi, che  le tracce della nuova civilizzazione sono troppo apparenti  per lasciare dubbi. Ma la realtà è completamente diversa, infatti, accanto alla potenzialità industriale vive faticosamente Gela, con le sue attrezzature arretrate, con la sua mancanza di nuove strutture in tutti i campi economici, con i suoi problemi ai quali si sono sovrapposti i nuovi, derivati dalla crescita demografica, dall’insediamento industriale, dall’immigrazione, dalle nuove necessità.

L’ opinione pubblica gelese non ha niente da ridire, anche se deve sopportare, con pacata rassegnazione, il grande divario socio – economico con i dipendenti del nord, che guadagnano quasi 400.000 lire, rispetto ai gelesi in 12 classe che a parità di qualifica percepiscono 50.000 lire; mentre  le due strade di accesso allo stabilimento sono completamente inagibili e senza asfalto, vedi quella del mare e quella di via Generale Cascino.

Non importa, queste sono di competenza comunale perciò il disinteresse dell’Ente di stato è totale, anche se non esistono vie di fuga per i lavoratori, che alle 17 di ogni giorno percorrono quelle strade nel disordine più assoluto.  

Nella città di Ravenna, che possiede uno stabilimento uguale a quello di Gela, le cose sono state trattate diversamente.

Le strade di collegamento con lo stabilimento sono rese agibili e questo è costruito completamente fuori e lontano dalla città. Le campagne vengono valorizzate con campi sperimentali a largo raggio, mentre i contadini gelesi sono stati costretti ad abbandonare le campagne perché l’inquinamento atmosferico che non fa crescere nemmeno l’erba inutile.

I prodotti per l’agricoltura vengono spediti direttamente alla Federazione Italiana dei consorzi agrari di Roma e il cittadino gelese li deve acquistare a prezzi maggiorati del doppio trasporto di andata e ritorno. La produzione del cotone dovrà chiudere i battenti per il costo della mano d’opera che si è letteralmente raddoppiato.

Il sovraffollamento è enorme e continuano a verificarsi casi di tbc e tifo. Nello stabilimento industriale, su un organico di 2.532 dipendenti, solo 515 operai e 35 impiegati  sono di Gela, presente nel 1970: (Dati da il Gatto Selvatico mensile aziendale).

Nella mia tesi di Laurea del 1970 “L’influenza dell’industrializzazione sull’agricoltura nel comune di Gela”, così concludevo:

Il futuro dell’agricoltura gelese è molto incerto, la speranza di avere una agricoltura industrializzata a fianco del settore industriale è condizionata da molti “ma” e “perché”. L’Anic dovrebbe decidersi a mettere i filtri necessari ad evitare l’inquinamento atmosferico e ambientale, dannoso non solo all’agricoltura ma anche alla cittadinanza, il consorzio di bonifica dovrebbe completare in un breve spazio di tempo, tutte le opere iniziate.

  • l’elettrificazione della zona al fine di permettere con l’insediamento umano tanto necessario all’agricoltura,l’installazione di macchinari agricoli;
  • la costruzione di una adeguata rete viaria e ferroviaria, tale da permettere un rapido collegamento con i centri abitati e un più rapido trasporto dei prodotti agricoli.

Vogliamo sperare che tutti gli uomini preposti alla guida di questa città, non deludano ancora una volta le aspettative dei gelesi. Mai una profezia così catastrofica, abbia trovato attuazione, perché ancora oggi ogni speranza di allora, viene tramandata ai posteri con la convinzione che maturino una coscienza più oggettiva e meno interessata a risolvere solo ed esclusivamente i problemi personali, lasciando il sociale in balia degli organismi dirigenti disonesti e incapaci.

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