L’eredità lasciata da Angelo Tuccio nelle testimonianze di chi lo ha conosciuto

 
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Gela. Migliaia di messaggi di cordoglio di ex calciatori, allenatori, dirigenti e semplici tifosi. La morte di Angelo Tuccio ha sconvolto tutti quelli che lo conoscevano. Il feretro arriverà solo stanotte in città ed i funerali sono in programma mercoledì 2 gennaio in Chiesa Madre.

Abbiamo voluto raccogliere alcuni dei messaggi postati da chi ha voluto esprimere sentimenti di affetto e gratitudine verso un uomo che ha fatto del suo lavoro una passione, trasferita poi nel calcio.

Maurizio Nassi

“Avevamo un rapporto particolare, potrei dire tante cose ma l’immenso dolore mi blocca, sei stato e sarai non un presidente ma il Presidente. Grazie per quello che hai dato e che mi hai dato umanamente e non solo calcisticamente. “Bomberone” così ti piaceva chiamarmi…..Ciao Pres!”

Fofò Ammirata

“Nella vita l’unica prerogativa che garantisce integrità ad un individuo è l’essere uomo. La comunità gelese ha perso così un grande presidente, un grande amico ma soprattutto un grande uomo.

La dirigenza del Gela Calcio

“Amatissimo ex presidente, uomo di alta caratura morale, fervente tifoso della sua città e amante del bel calcio, del calcio pulito che eleva con i suoi valori calciatori e tifosi. Giunga alla famiglia la nostra profonda commozione e il dolore per questa terribile perdita.
Arrivederci Presidente, possa il buon Dio accoglierti fra le sue braccia e alleviare il dolore ai tuoi cari”.

Davide Pettinato

“Ricordo ancora il giorno che mi chiamasti…Ciao Davide sono il presidente Angelo Tuccio, ascolta se parto da Gela e ci vediamo a Catania a metà strada lo troviamo un accordo? E da lì ho capito subito la persona perbene che eri. Ho ancora negli occhi quando entravi a fine partita per festeggiare con noi negli spogliatoi e la vittoria del campionato. Tu che amavi alla follia il tuo Gela calcio. Ciao grande PRESIDENTE riposa in pace”

Pippo Romano

“Caro pres  Angelo Tuccio ho avuto il piacere di conoscerti e di apprezzare le tu immense qualità umane e professionali, mi dispiace tanto, tantissimo… che la terra ti sia lieve”

Alfio Chiavaro

“Sei stata una persona splendida ed un presidente vincente ed eccezionale come pochi. Ti porterò per sempre nel mio cuore”

Giuseppe D’Onchia

“La tragica notizia della scomparsa del presidente Angelo Tuccio, l’ho appresa ieri mattina leggendo un messaggio sul gruppo dei giornalisti sportivi gelesi di whatsapp. Un messaggio striminzito; poche parole digitate con il lutto tra le dita ed una rabbia in corpo, che conoscendo l’autore, sempre composto ed educato, aveva assunto i connotati di una vera e propria eruzione. Perché chi ci ha informati ieri mattina della dipartita di Angelo Tuccio, é stato il collega Flavio Centamore. Prima che un collega, un amico sincero. Il testo del messaggio, era racchiuso in sei parole: Ragazzi. Angelo Tuccio non c’è più. Il punto dopo la prima parola, dice tutto. Una pausa lunga un’eternità, come a non volere credere a quello che avrebbe scritto subito dopo. Come a non volerlo scrivere più che altro. Flavio ha cominciato ad indossare le vesti di addetto stampa, cominciando la sua gavetta nel giornalismo,  proprio al Gela Calcio e con Tuccio al timone. Non faceva altro che ripetermi la stessa frase, un ritornello mensile, di compiacimento: “Sai, non ho mai conosciuto un presidente che ti chiama in ufficio per pagarti…” E Flavio veniva contattato al telefono dallo stesso Tuccio, l’ultimo giorno della terza decade, anche se era festivo. E come è toccato a lui in tutti questi anni, diffondere comunicati stampa sull’acquisto o sulla cessione di un giocatore, sui progetti del club, sulle diatribe con la classe politica con conseguenti dimissioni dei vertici dirigenziali, é toccato nuovamente a lui (purtroppo) darci la notizia che mai avremmo voluto leggere. Ed in questo caso, senza carta intestata della societá. Un colpo al cuore, un pugno allo stomaco. Avevo saputo della malattia che affliggeva Tuccio da qualche mese, ma mai avrei potuto immaginare che ci avrebbe lasciato così in fretta. E ha convissuto in silenzio con il suo male, cercando di abbatterlo, di annientarlo perché – come ripeteva spesso – solo chi non combatte non si ferisce. Non ce l’ha fatta, perché il male non gli ha lasciato scampo. È come se in una partita di calcio, una squadra di 11 giocatori affrontasse 111 avversari. Una lotta impari sul terreno di gioco. Voleva vincerla ugualmente la partita della sua vita. Aveva messo in campo tutte le sue forze, attorniato dall’amore della moglie e dalla carica dei suoi figli. E dall’affetto di chi aveva saputo e pregava per lui. Angelo Tuccio era ostinato in tutto quello che faceva e nessuno riusciva a farlo desistere. Sovente, perché troppo innamorato del suo Gela e furioso per dei torti arbitrali e….politici subiti,  usciva fuori dal seminato e se la prendeva anche con chi col calcio aveva poco o nulla da spartire. E i destinatari dei suoi improperi non avevano neanche il tempo di metabolizzare quanto accaduto, perché una furia lavica non la puoi fermare; puoi semplicemente cercare di limitare i danni. Tuccio era fatto così, prendere o lasciare. “In pochi si avvicinano alla mia societá forse perché la mia presenza è ingombrante e non solo per la stazza fisica” –  mi disse una volta davanti ad un caffè, stringendo tra le dita l’ennesima sigaretta accesa di una sequela infinita. “Se ti dà fastidio il fumo – ripeteva sempre – basta dirlo. Ti do il permesso di allontanarti. Quando finirò di fumare, possiamo ricominciare a parlare”. Impresa difficilissima per gli interlocutori. Un’altra sigaretta, era pronta a lasciare la sua dimora nel pacchetto. Da qualche anno aveva smesso di fumare, come per incanto. Gli chiesi come aveva fatto, lui fumatore incallito. “Semplice – mi disse -.  Basta volerlo. Prendi come esempio la politica gelese. I nostri amministratori hanno pensato di non fare nulla per lo sport a Gela e ci sono riusciti!”. Un parallelismo che a distanza di anni, ha il suo perché. Angelo Tuccio non andava a braccetto con la macchina amministrativa del Comune. Erano distanti anni luce, anzi “siamo all’età della pietra” – diceva. Aveva in mente di creare un nuovo stadio, una bomboniera da esibire all’Italia intera, un vero e proprio biglietto da visita. La sua proposta è rimasta lettera morta. Desiderava un campo da calcio integro, senza buche. Lui le chiamava voragini, in cui i suoi giocatori e quelli avversari, ci lasciavano le penne. Per protesta, un giorno ordinò alla squadra di allenarsi in piazza Umberto I, tra gli sguardi increduli dei fruitori del salotto buono e dei passanti. E rivolgendosi alla Dea Cerere, le chiese di illuminare le menti dei governanti. “Ho già provato con i santi – esclamò – ma non mi hanno ascoltato. Proviamole tutte!”. Quando lo invitavo in tv per partecipare alla trasmissione sportiva, indossava sempre la cravatta. Già dal colore, capivi di che umore era. E se veniva a conoscenza qualche ora prima, della presenza di politici in studio, si presentava senza. “Sapendo che mi arrabbierò, preferisco non indossarla. Soffrirei tantissimo”. Nella sfida in Abruzzo con il Pescina, per la doppia finale play-off, scoppiò in un pianto a dirotto per la morte di un tifoso gelese, a seguito di un incidente stradale avvenuto poche ore prima della partita. “Vincete per lui” – implorò ai giocatori in biancazzuro -. La richiesta legittima non ebbe riscontro. E a Potenza si fece da scudo con alcuni supportes locali, rei di avere inveito contro gli ultras gelesi. “Questo calcio non mi piace – mi disse a fine gara -.  Troppi cretini affollano gli stadi solo per litigare. A me – continuò – piacerebbe portare donne, anziani e bambini allo stadio. Una domenica di festa. E che vinca sempre il mio Gela!”. Lui era innamoratissimo della sua creatura sportiva. E dai suoi quadri tecnici pretendeva rispetto, “diverso – esclamava – dalla sottomissione.  Io sono il padre di questi ragazzi e come un buon padre, voglio che si raggiunga il meglio”. Ad ogni intervista, esordiva con un beh. “Meglio un beh, conciso e diretto che una caterva di parole senza significato” – rilanciava -. Il riferimento al politichese, non era puramente casuale. Alla classe giornalistica, ha sempre dedicato lo spazio che meritava. Leggeva gli articoli dedicati al suo Gela ogni giorno, imparandoli a memoria; guardava il tg locale e se constatava che nella pagina sportiva, non c’era spazio per la sua squadra, non esitava a chiamarti. E la telefonata durava pochi secondi.  Parlava (?) solo lui, non avevi il tempo di fargli capire come erano andate le cose. Il giorno dopo, davanti al caffè e alla sua inseparabile sigaretta, trovavi il tempo di spiegargli i fatti. Forse. Quando lo conobbi, era appena uscito dalla stanza del sindaco di allora. Aveva appena preso in mano le redini della società. Le dissi (ci davamo del lei) cosa l’avesse spinta ad intraprendere questa nuova avventura. Mi rispose senza giri di parole. “Lo faccio per la città che amo e a cui cercherò di regalare tante soddisfazioni!”. Era la sua prima intervista pubblica da presidente del Gela Calcio. Con la fregola di recarsi in municipio all’appuntamento, ebbe un piccolo problema mentre stava per radersi. Si presentò con un vistoso cerotto sul viso a celare un taglio profondo. “Agli appuntamenti politici – disse – la barba incolta lascia molto a desiderare. E presentarsi trasandato non sarebbe stato ideale agli occhi di chi ci governa”. Le feci notare che sul suo volto, c’erano altri piccoli tagli dovuti al rasoio. Sembrava un campo da battaglia. “Solo chi non combatte, non si ferisce….” Ciao Angelo

2 Commenti

  1. Io ho conosciuto davvero poco il presidente.. Come lo chiamavo ogni volta che lo incontravo così per caso. Ma. Non dimenticherò mai il giorno della promozione in D. A fine partita mio figlio è io volevamo entrare in campo per festeggiare ma ovviamente non si poteva. Lui ci vide davanti la porticina che porta in palestra e poi al campo e guardando me e mio figlio disse alla guardia davanti la porta… “loro sono con me”.. E ci fece entrare a festeggiare con loro. Non dimenticherò mai quel gesto davvero nobile umile bello sincero. Lo ringraziai tantissime volte e da li mi rimase nel cuore. Grazie presidente! R. I. P.

  2. Il Presidente non ho avuto modo di conoscerlo personalmente, ma voglio raccontarvi un episodio per far capire, che quest’uomo aveva lasciato traccia di se, lontano da Gela. Mi trovavo a Borgaro Torinese con mia figlia, in erca di una casa da affittare poichè era passata di ruolo nella scuola , con sede a Borgaro Torinese.Siamo andati a dormire presso una pensione, e la proprietaria ci chiese da dove venivamo, la risposta fu, da Gela. Il volto di questa Signora s’illumino, ci spose: Conosco una persona che quando viene a vedere le partite della Juventus viene a dormire qua, si tratta dell’Ing. Tuccio, una grande persona. Questa cosa ho avuto modo di raccontarla telefonicamente direttamente a lui, tramite una telefonata intercorsa con il mio amico Franco Gallo. PRESIDENTE R.I.P. Angelo Giuele

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