Esplosione nella fabbrica Eni, tutti contro tutti al processo: “Raffineria danneggiata”

 
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Gela. Sono otto gli imputati chiamati a rispondere dell’esplosione, risalente al maggio di quattro anni fa, dell’impianto per il trattamento delle acque sodiche realizzato dalla società Ecotec all’interno della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore.

L’apertura del dibattimento, in vista del cambio di giudice, ha riservato un inatteso confronto.
Raffineria, tramite il proprio legale, ha scelto di costituirsi parte civile nei confronti di quattro imputati, tutti operatori della società Ecotec. Si tratta di Aldo Imerito, Massimo Pisu, Giovanni Pace e Giovanni Iacono.
Stando al legale del gruppo Eni, infatti, l’esplosione avrebbe provocato enormi danni all’azienda, costretta a tamponare le perdite causate dal black out del sistema per il trattamento delle acque sodiche. Alla mossa è seguita subito la risposta del legale del gruppo Ecotec, l’avvocato Giuseppe Cammalleri.
“Preannuncio – ha detto in aula – la costituzione di parte civile della società Ecotec”. Insomma, un botta e risposta tra due aziende i cui operatori sono, allo stesso tempo, imputati. Oltre ai quattro dipendenti Ecotec, infatti, le accuse vengono mosse a Battista Grosso, Giuseppe Ricci, Aurelio Faraci e Mario Marrone, tutti ex vertici ed operatori di raffineria.
Intanto, il ministero dell’ambiente, attraverso l’avvocato Pierfrancesco La Spina, ha preannunciato di costituirsi parte civile, a tutela dei propri interessi. L’ente comunale, con l’avvocato Salvo Macrì, e quello provinciale, con il legale Laura Caci, sono già parti civili nel procedimento. L’esplosione, stando alle accuse, avrebbe messo a rischio diversi impianti della fabbrica, con il pericolo di una reazione a catena, oltre ai tanti operai presenti nell’area dell’isola 7 dello stabilimento.
La decisione sulle richieste di costituzione di parte civile verrà comunicata dal giudice nel corso dell’udienza già fissata per il 13 novembre. Intanto, altri due procedimenti, sempre a carico di dirigenti e operatori di raffineria, si avvicinano al verdetto. L’ex amministratore della fabbrica Battista Grosso e l’attuale a.d. Bernardo Casa, insieme agli operatori Aurelio Faraci e Salvatore Lo Sardo, stanno rispondendo ad una serie di accuse, compresa la falsa comunicazione alle autorità competenti, circa l’effettiva efficienza del sistema antincendio presente lungo la testata pontile del sito produttivo.
Tre vigili del fuoco sentiti davanti al giudice Domenico Stilo e al pm Francesco Spataro hanno confermato la regolarità dei meccanismi di sicurezza presenti nell’area. Una linea conforme a quella descritta da un capoturno in servizio per conto di Eni. Dubbi, già indicati in una relazione di servizio risalente a tre anni fa, sono stati espressi da un militare della capitaneria di porto che, durante alcune esercitazioni, si sarebbe accorto della fuoriuscita d’idrocarburi dalle pompe antincendio.
Anche in questo caso, l’ente comunale e quello provinciale si sono costituiti parte civile. Decisive saranno le prossime due udienze, quella del 26 giugno e quella del 3 luglio. Due consulenti indicati dagli avvocati di difesa, invece, hanno del tutto sminuito le presunte perdite d’idrocarburi dalla linea P2 della fabbrica che sono costati il processo sia all’operatore Salvatore Lo Sardo che all’ex manager di raffineria Gianfranco Carvelli.
“Si è trattato – hanno spiegato – di gocciolamenti talmente limitati da non consentire neanche l’effettuazione di rilievi antinquinamento. La sostanza finita in mare venne subito ricoperta dai flussi d’acqua”. I due tecnici chiamati in aula dagli avvocati di difesa hanno depositato l’intera relazione redatta sul caso. La decisione verrà assunta dal giudice Domenico Stilo nel corso dell’udienza fissata per il 17 luglio. 

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