Estorsioni alla Safab nei cantieri della diga, definitiva condanna Missuto: arrestato

 
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Gela. I giudici della Corte di Cassazione non hanno accolto il ricorso presentato dalla difesa dell’imprenditore Sandro Missuto. E’ stata così confermata la condanna a cinque anni di reclusione e nelle scorse ore è stato eseguito il provvedimento di arresto. I poliziotti della mobile di Caltanissetta hanno trasferito Missuto in carcere. Deve scontare una pena residua di quattro anni e sette mesi di reclusione. L’imputato, coinvolto in una vasta indagine che gli investigatori condussero per individuare possibili sostegni mafiosi nelle sue attività imprenditoriali, si era rivolto ai giudici romani, dopo che la Corte d’appello di Caltanissetta fece cadere una delle contestazioni estorsive che gli venivano mosse, riducendo la condanna da nove anni e quattro mesi di reclusione a cinque anni. In appello, oltre alla riduzione della pena, fu decisa la revoca della confisca di due aziende. I giudici però confermarono il suo ruolo nella messa a posto dell’azienda romana Safab, all’epoca dei fatti impegnata nei lavori per la diga Disueri. Secondo le accuse, Missuto avrebbe fatto da tramite per conto dei clan, imponendo i pagamenti agli imprenditori e ottenendo comunque lavori. Ricostruzioni che i difensori hanno sempre respinto, sostenendo anzi che Missuto fu vittima dei clan, dovendo sottostare alla messa a posto per evitare danneggiamenti e ulteriori conseguenze per le aziende di famiglia, che operano anche nel settore degli inerti e del movimento terra. Parti civili nel procedimento erano i rappresentanti di Safab, oggi del gruppo Gesafin, con l’avvocato Renato Canonico, ma anche altri imprenditori che subirono le pressioni mafiose, ricostruite nelle vicende di Missuto. Sono rappresentati dagli avvocati Nicoletta Cauchi e Fabio Fargetta, che hanno insistito per la conferma della condanna.

A Missuto, i pm della Dda di Caltanissetta arrivarono a seguito di indagini su uno dei capi storici di Cosa nostra gelese, Daniele Emmanuello. L’imprenditore (difeso dagli avvocati Roberto Tricoli e Luigi Miceli Tagliavia che hanno chiesto l’annullamento della condanna) ha più volte escluso di aver avuto rapporti con la criminalità organizzata.

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