“Extra fines”, in appello ancora le difese per le conclusioni: si va verso la decisione

 
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Gela. Si va verso la decisione, anche da parte della Corte d’appello di Caltanissetta. I giudici nisseni dovranno pronunciarsi sui ricorsi presentati dai legali di difesa di tutti gli imputati, coinvolti nell’inchiesta antimafia “Extra fines”. Nel pomeriggio, davanti ai magistrati di appello, hanno concluso i legali di alcuni degli imputati, sui quali gravano le contestazioni più pesanti. Tutti i coinvolti sono ritenuti vicini al boss Salvatore Rinzivillo, a sua volta arrestato nell’inchiesta e a processo in altri filoni processuali. Sono state esaminate le posizioni di imputati come l’imprenditore Emanuele Catania, assolto in primo grado ma ancora a giudizio dopo l’impugnazione da parte dei pm della procura. La difesa, sostenuta dall’avvocato Giacomo Ventura, ha nuovamente escluso qualsiasi coinvolgimento dell’imprenditore del settore ittico negli affari che sarebbero stati prospettati da Rinzivillo. Catania, anche in appello, ha voluto ribadire che con il boss non ebbe mai nessun tipo di rapporto imprenditoriale né gli avrebbe chiesto manforte per riscuotere crediti. Le accuse sono state respinte anche nell’interesse di Luigi Rinzivillo, gestore della sala scommesse, al cui interno, secondo gli inquirenti, Salvatore Rinzivillo avrebbe incontrato presunti esponenti mafiosi di altre zone dell’isola. La richiesta di rivedere del tutto le condanne è arrivata dalla difesa di altri operatori del settore ittico, coinvolti nell’inchiesta. L’avvocato Flavio Sinatra ha concluso nell’interesse di Angelo Giannone e Carmelo Giannone, condannati in primo grado, perché avrebbero messo a disposizione di Rinzivillo, anche uno dei capannoni della loro azienda. Ricostruzione ancora una volta esclusa dalla difesa. L’assoluzione è stata chiesta, inoltre, per la posizione di Giuseppe Licata, titolare di attività nel settore dell’autotrasporto. In primo grado, era stata pronunciata una decisione favorevole, ma impugnata dalla procura. Sia per Catania che per Licata, in appello, sono stati chiesti dieci anni di detenzione. La procura generale, invece, ha concluso per la conferma di tutte le altre condanne, già emesse in primo grado dal collegio penale del tribunale. Le conclusioni sono state presentate anche nell’interesse dei fratelli Antonio Rinzivillo e Crocifisso Rinzivillo, di Vincenzo Mulè e Alfredo Santangelo (tutti rappresentati dall’avvocato Flavio Sinatra).

Le condanne, in primo grado, sono state pronunciate per i fratelli ergastolani Antonio Rinzivillo (venti anni di detenzione per i fatti successivi al 2008) e Crocifisso Rinzivillo (trenta anni di reclusione in continuazione con precedenti verdetti). Sarebbero stati loro, seppur detenuti in carcere ormai da anni e sotto regime di 41 bis, a dare il comando della famiglia di Cosa nostra all’altro fratello, Salvatore. Si sarebbe mosso tra Roma, Gela e la Germania, con contatti frequenti fuori dall’Italia. Intorno a lui, avrebbero gravitato sodali, finiti nell’inchiesta e nel giudizio. Dodici anni sono stati imposti a Rosario Cattuto (difeso dall’avvocato Riccardo Balsamo), già condannato per il troncone “Druso”. In primo grado, il collegio ha disposto la condanna anche per Carmelo Giannone e Angelo Giannone, padre e figlio impegnati nel commercio ittico. In base alle indagini, avrebbero sfruttato la vicinanza di Salvatore Rinzivillo non solo per allargare l’attività in altre province ma anche per riscuotere crediti o pretendere condizioni di favore. Gli inquirenti accertarono che uno dei loro capannoni venne messo a disposizione per una riunione tra esponenti dei clan. Carmelo Giannone è stato condannato a dodici anni di detenzione; Angelo Giannone a sette anni e nove mesi. Ad entrambi sono stati imposti altri quattro mesi, per una delle contestazioni definite con il rito abbreviato, che ha determinato invece l’assoluzione per accuse legate al possesso di armi. Dieci anni e otto mesi sono stati pronunciati per Alfredo Santangelo, imprenditore etneo che avrebbe fatto da tramite economico per i Rinzivillo. Otto anni per Antonio Maranto (rappresentato dal legale Roberto Salerno) e sei anni a Giuseppe Rosciglione, che avrebbero dato la loro disponibilità per le messe a posto di operatori del settore ittico, in province dove gli affari dei Rinzivillo, secondo gli inquirenti, si stavano sviluppando. Sei anni e otto mesi sono stati imposti a Francesco Maiale, altro operatore del settore ittico che si sarebbe messo a disposizione. Sette anni di reclusione sono stati decisi per Luigi Rinzivillo, legato a Salvatore Rinzivillo da rapporti di parentela. L’attenzione degli investigatori si concentrò sulla sua sala scommesse, in base alle indagini usata anche per riunioni decise da Salvatore Rinzivillo. Sei anni e otto mesi sono stati pronunciati per Umberto Bongiorno, che attraverso Rinzivillo avrebbe tentato di concretizzare investimenti commerciali nella zona di Roma. Sei anni e otto mesi anche per Vincenzo Mulè, ritenuto molto vicino a Rinzivillo, anche rispetto all’intenzione di riallacciare rapporti negli Stati Uniti. In aula, sempre per le conclusioni dei difensori, si tornerà già mercoledì.

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