Falsi investimenti al sud per estinguere debiti, così la banda avrebbe raggirato il fisco

 
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Finanzieri e pm della procura hanno scoperto il presunto sistema

Gela. Il codice che faceva girare milioni di euro era 6742, quello delle compensazioni fiscali per gli investimenti nelle aree svantaggiate. Sarebbe stata questa la specialità del commercialista trentatreenne Rosario Marchese, che i pm della procura e i finanzieri considerano capo di un’organizzazione della quale avrebbero fatto parte anche il trentacinquenne Giuseppe Nastasi (ritenuto suo prestanome), il consulente agrigentino Salvatore Sambito, l’imprenditore Rosario Barragato, l’avvocato Roberto Golda Perini e il procacciatore Gianfranco Cassassa. Imprenditori in difficoltà con il fisco si sarebbero rivolti a Marchese e il sistema si metteva in atto. Sono stati ricostruiti contratti tra gli stessi imprenditori “procacciati” e società create ad hoc. Sarebbero stati simulati investimenti di società del nord Italia in aree svantaggiate del sud, ma solo per ottenere compensazioni. Fatture per operazioni inesistenti, compensazioni non dovute e un ammontare di circa ventidue milioni di euro che sarebbero stati sottratti al fisco. Sono questi i punti nevralgici dell’indagine. Fernando Asaro, “L’ordinanza è stata emessa da gip Lirio Conti, su richiesta dei pm Eugenia Belmonte e Antonio D’Antona – ha spiegato il procuratore capo Fernando Asaro – l’organizzazione era capeggiata da Rosario Marchese. I periodi di riferimento vanno dal 2014 al 2017. Abbiamo ricostruito più di cinquanta compensazioni non dovute. Imprenditori che avevano debiti erariali hanno compensato con crediti di imposta per aree svantaggiate, ma senza averne i requisiti. Sono 22 milioni di euro di indebite compensazioni. Tutto questo con una procura che in quella fase era sottodimensionata”. Marchese e i suoi presunti complici, nell’ultimo periodo, avrebbero deciso di spostare nel Nord Italia i capitali ottenuti. “L’attività di indagine si è basata sull’acquisizione di documentazione fiscale e bancaria – ha detto il pm Eugenia Belmonte – il nucleo principale dell’organizzazione faceva base a Gela. Capo e organizzatore era Rosario Marchese. Il suo ruolo era già emerso nel 2009 nell’ operazione Cash Flow.

Il sistema Marchese altro non è che una riproposizione di quello appreso dal maestro Fabio Fasulo. Individuava imprese in crisi e agiva anche attraverso professionisti del Nord. C’era la formazione di contratti artefatti di cessione di crediti, che non potevano essere ceduti. Poi attuava false compensazioni che estinguevano i debiti e raggirava il fisco. I compensi per le operazioni venivano girati sui conti di Marchese e di altri indagati”. I finanzieri gelesi, coadiuvati da quelli assegnati all’aliquota di polizia giudiziaria, sono risaliti ad un meccanismo finanziario ben avviato. “Compensavano debiti fiscali di ogni tipo con falsi investimenti in aree svantaggiate – ha spiegato il capitano Giuseppe Gradillo – le società erano create ad hoc. Si effettuavano cessioni del credito tra imprenditori in difficoltà e società e poi i moduli venivano presentati ad istituti bancaro, in città Monte dei Paschi, con il codice 6742. Ma i crediti di imposta non possono essere ceduti“. Per il comandante provinciale Andrea Antonioli, il risultato raggiunto ha bloccato una pericolosa organizzazione, capace di frodare il fisco. “I capitali avevano deciso di spostarli nel Nord Italia – ha detto inoltre il tenente Manuel Carbonara – in questo modo, inquinano l’economia legale, che soffre la concorrenza sleale di chi ha a disposizione ingenti somme”. Di recente, lo stesso Marchese è stato sottoposto ad un provvedimento di sequestro da curva 15 milioni di euro, disposto dalla Dia di Caltanissetta. Lo ritengono vicino al gruppo mafioso dei Rinzivillo.

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