Ferito in raffineria, parla l’ex caposquadra: “Gli operai non dovevano trovarsi in quel punto”

 
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Gela. Colpito dai tubolari di una struttura che avrebbe dovuto mettere in sicurezza l’area del cantiere avviato da Smim in raffineria. A riportare la frattura della mandibola fu un ex operaio dell’azienda metalmeccanica, impegnato nei lavori di sostituzione di una linea all’impianto di alchilazione. “Il pezzo da sostituire venne imbracato dagli stessi operai che l’avevano tagliato – ha detto il caposquadra presente a sua volta nel cantiere – durante le manovre però urtò i tubolari di una specie di ponteggio che colpirono il lavoratore”. Per l’ex caposquadra, che ha risposto alle domande del pm Tiziana Di Pietro e dei legali delle parti, i due operai impegnati nelle attività sulla linea non avrebbero dovuto trovarsi in quel punto durante le operazioni di sollevamento. “Inizialmente, sembrava che non si fosse fatto nulla – ha proseguito – ho subito segnalato l’incidente e nel cantiere non c’erano operatori di raffineria. Non so cosa sia successo ma gli operai non si sarebbero dovuti trovare in quel punto”. Il lavoratore ferito è parte civile con l’avvocato Paolo Testa, che ha ricostruito le fasi dell’accaduto.

A processo ci sono vertici di Smim e tecnici, si tratta di Giancarlo Barbieri, Giorgio Satorini, Massimo Bonelli, Filippo Pepe e Massimo Casisi, oltre alla stessa società. I difensori degli imputati, gli avvocati Flavio Sinatra, Raffaela Nastasi e Gualtiero Cataldo, hanno chiesto al testimone di raccontare le fasi delle attività di lavoro svolte, facendo leva sul fatto che ci siano state possibili iniziative personali dei dipendenti, trovatisi in un punto non previsto. Nel corso dell’udienza è stata sentita una funzionaria di Eni, che ha invece risposto a domande relative al tipo di permesso lavorativo rilasciato alla squadra di Smim per quell’intervento.

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