Festa dell’autonomia dimenticata da tutti, la dignità siciliana diventa un giorno di vacanza

 
0

Gela. Il  giorno 15 del mese di maggio 1946 il re d’Italia Umberto II concedeva alla Sicilia lo statuto speciale,

a norma dell’articolo 116 della costituzione Italiana, dotandola di una ampia autonomia politica, amministrativa, amministrativa e finanziaria recepita con la legge costituzionale n° 2 del 1948.

La Regione siciliana nasceva prima della repubblica Italiana. Allora, questa autonomia fu sollecitata dal re Umberto II, perché il movimento indipendentista, uscito dall’illegalità, stava assumendo posizioni rilevanti nel territorio siciliano e gli allora Salvatore Aldisio, Giuseppe Alessi e altri uomini politici appoggiarono questo tipo di autonomia bloccando il separatismo.

Questa autonomia, viene rilanciata dal Presidente della Regione Raffaele Lombardo, leader del Movimento per l’autonomia Siciliana (MPA) e anche dall’attuale Presidente Rosario Crocetta. Con l’autonomia le leggi dello stato Italiano non hanno vigore nell’isola su una serie di materie tra cui: beni culturali, agricolture, ambiente, pesca, enti locali, territorio, turismo, polizia ambientale.

Ancora oggi esiste una commissione paritetica Stato e Regione, ma ci si chiede cosa è servita questa autonomia completamente disattesa dai presidenti della Regione Siciliana?

Gli articoli attuativi non sono stati mai discussi e nemmeno approvati, i nostri politici meridionali non applicato niente di tutto quello previsto dallo statuto regionale e sono stati alla mercé dei colonizzatori nordisti senza mai opporre al cuna resistenza.

Questo giorno di festa voluto con passione da Raffaele Lombardo è servito solo a concedere un giorno di vacanza alle scuole e agli enti regionali, senza avere altro significato.

Perché, quindi, scandalizzarsi se le feste storiche volute da questo governo di colonizzatori sono servite a ricordare atti criminali del popolo italiano giustificati dai vinti traditori?

L’approfondimento  che ci accingiamo a trattare  riguarda specificatamente la questione meridionale per informare i nostri lettori su come i fatti,  tacitati dalla politica al servizio della massoneria, stiano assumendo nuove forme per l’impegno di alcuni ricercatori che hanno scoperchiato nuove carte.

Lo stesso Francesco Saverio Nitti , nella qualità di presidente del consiglio  del governo dei Savoia, ebbe accesso ai documenti e contò  più di 443 milioni di lire. L’importo rappresentava la metà del deficit del Piemonte di allora . Per avere una idea a che cosa corrisponderebbe oggi quella somma in euro lo chiarisce il professore Vincenzo Gulì,  studioso impegnato su questo argomento, secondo il quale i 443 milioni di lire oggi avrebbero un controvalore pari a 270 miliardi di euro, considerando anche i 33 milioni di ducati del conto personale del Re Borbone.

Se poi aggiungessimo i soli interessi del capitale iniziale, la cifra raggiungerebbe i 500 miliardi di euro e sommando le riserve aure delle banche  bisogna aggiungere altri 1.000 miliardi di euro.

Tutto questo per stabilire approssimativamente  la montagna di denaro che i piemontesi di Cavour hanno scippato al meridione “povero e arretrato”. Altro ladrocinio che oggi ci proponiamo di trattare riguarda la fine delle industrie del meridione, cancellate definitivamente dai Piemontesi e nordisti. Le reali ferriere ed officine di Mongiana in Calabria garantivano occupazione certa, già nel 1845, a 1500 lavoratori. Con i Piemontesi si incominciò a smantellare l’impianto che ricostruirono a Brescia. Si costruì la fonderia  a Lumezzano (Brescia) e gli operai specializzati erano quelli di Mongiano, costretti a trasferirsi per sbarcare il lunario, chiudendo definitivamente Mongiano e lasciando il paese natale nella desolazione più assoluta.

Atra industria, quella della moderna reale seteria di San Leucio, costruita nel 1778 dal re Ferdinando di Borbone, che sfruttò la forza motrice generata dall’acquedotto Carolino, che divenne l’attività produttiva più significativa della Campania.

La seteria occupava, nel 1861, 2.500 lavoratori che producevano una serie di preziosi lavorati. Damasco, passi, organze, taffetà, liserè, rasi, broccati. Velluti  che guadagnarono l’ammirazione  di tutta la nobiltà europea. Anche questo impianto segui la via dello smantellamento. 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here