Fine pena mai per Paolello, sorella ex boss: “Ha causato tanto dolore ma oggi merita una possibilità”

 
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Paolello ha guidato gli stiddari nella guerra di mafia e oggi è all'ergastolo ostativo

Gela. “Una pena di morte nascosta”. Luisa Paolello, sorella dell’ex boss stiddaro Orazio Paolello, parla così dell’ergastolo ostativo, il fine pena mai. L’ex capo degli stiddari, che ha sulle spalle omicidi e sei ergastoli, è sottoposto al carcere a vita e la sorella ha deciso di esporsi, dopo il verdetto della Corte Costituzionale, che ha aperto a permessi premio da riconoscere agli ergastolani ostativi, che si siano dissociati dal loro passato criminale. “Se il carcere deve rieducare è giusto che si apra a qualche possibilità – ha detto Luisa Paolello all’Adnkronos – dopo aver dimostrato con un percorso di aver preso le distanze dal passato. E questo è quello che ha fatto mio fratello, che dal suo passato ha preso le distanze e che insieme a noi ha chiesto perdono per tutto il male che ha fatto”. I giudici costituzionali hanno aperto un varco nel muro del carcere per sempre, nonostante i gravi reati commessi nel passato. “Mio fratello, da quattro non è più in regime di 41 bis, dopo averne scontati venticinque per la gran parte con isolamento notturno e diurno. Noi lo vedevamo dodici ore all’anno attraverso un vetro. In carcere lui ha preso la distanze dal suo passato, un passato – prosegue – che lo ha travolto quando era giovane, trascinato sulla cattiva strada nel contesto sociale di allora. Il passato non si annulla, purtroppo indietro non si torna, e lo dico perché so quanta sofferenza mio fratello ha generato ed è giusto che paghi per quello che ha fatto, perché il dolore di quelle famiglie è il nostro dolore”.

Ritorna un dibattito, spesso sottaciuto, quello sulla redenzione degli ergastolani ostativi e sulla necessità di un loro reinserimento, umano e sociale. “Ma se il carcere perde la funzione rieducativa non ha più senso – conclude la sorella dell’ex boss – allora tanto vale introdurre la pena di morte. Se si sbaglia a venti anni, dopo trenta anni di detenzione, si deve dare una possibilità se come nel caso di mio fratello si è dimostrato di aver preso le distanze dal passato”. Anche la Camera penale “Eschilo”, negli ultimi anni, si è schierata contro il carcere a vita, aprendo un dialogo costante con associazioni come “Nessuno tocchi Caino”, che si battono per una totale riforma del sistema carcerario.

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