Fusti e tubi per il gasolio rubato in Eni, tutto partì da una segnalazione anonima

 
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Gela. Il sospetto è che il carburante venisse rubato nell’area della raffineria Eni di contrada Piana del Signore, utilizzando piccole imbarcazioni. Mezzi che poi avrebbero raggiunto la spiaggia di Bulala, dove il gasolio veniva scaricato nei fusti. Dopo le indagini, a processo sono finiti in quattro, accusati proprio di essere dietro ai presunti furti. Finanzieri, poliziotti e militari della capitaneria di porto monitorarono gli spostamenti di un gruppo di persone, ritenute coinvolte nella vicenda. In aula, davanti al giudice Silvia Passanisi, sono stati sentiti due poliziotti che parteciparono alle indagini. Tutto sarebbe partito dalla segnalazione giunta da una fonte confidenziale. “Effettuammo degli appostamenti, in giorni diversi – ha detto uno dei poliziotti – abbiamo scattato fotografie. Normalmente, le imbarcazioni prendevano il mare quando le condizioni lo consentivano. Abbiamo trovato fusti e tubi sparsi lungo un tratto di spiaggia e c’era anche un casolare”.

I difensori degli imputati, gli avvocati Nicoletta Cauchi e Claudio Cricchio, però, hanno fatto emergere alcune contraddizioni nella ricostruzione dei testimoni, che avrebbero comunque indicato zone diverse dell’area di Bulala, senza dare certezze sull’effettiva individuazione dei responsabili. Gli investigatori avrebbero accertato anche una delle fasi di travaso del carburante nei fusti. Gli imputati hanno sempre escluso di aver trasportato il carburante o di essere coinvolti in attività illecite.

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