“Giannino” Belladonna ammazzato a sedici anni, cade la versione dei collaboratori: assolto Rosario Collodoro

 
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Gela. Non passa la ricostruzione fornita da tre diversi collaboratori di giustizia, già ai vertici di cosa nostra locale, e arriva l’assoluzione per il quarantaduenne Rosario Collodoro.
Le accuse dei collaboratori. I magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta lo accusavano di favoreggiamento ai clan. Non avrebbe detto la verità sulle ultime ore di vita di Fortunato “Giannino” Belladonna, trucidato in un canneto nell’estate di diciassette anni fa. Il collegio penale del tribunale presieduto dal giudice Paolo Fiore, affiancato dalle colleghe Silvia Passanisi ed Ersilia Guzzetta, ha accolto la richiesta arriva dal pm della Dda Luigi Leghissa che, appunto, ha riconosciuto l’estraneità ai fatti dello stesso imputato. “Non c’è prova del favoreggiamento – ha precisato lo stesso pubblico ministero – né di un’eventuale vicinanza di Collodoro ai clan”. Secondo i collaboratori di giustizia Carmelo Billizzi, Rosario Trubia e Gianluca Gammino, l’imputato sarebbe stato presente mentre, con una scusa, “Giannino” Belladonna veniva portato via dai suoi killer. Ricostruzione sempre esclusa da Collodoro e dai suoi legali di fiducia, gli avvocati Salvo Macrì e Delfino Siracusano.

“Nessun legame con la mafia”. “Questa vicenda – ha detto in aula il difensore Salvo Macrì – ha segnato profondamente la vita di un uomo, Rosario Collodoro, che non ha mai avuto alcun legame con le organizzazioni mafiose. E’ vero, soprattutto in passato, ha commesso reati contro il patrimonio. Nulla a che vedere, però, con la mafia. La sua versione è stata sempre uguale a differenza di quella resa dai collaboratori di giustizia”. Collodoro, sempre per gli stessi fatti, venne condannato all’ergastolo. Verdetto che i suoi difensori riuscirono a far annullare. In base alla linea di difesa, Collodoro sarebbe stato tirato in ballo solo a causa di rancori personali nutriti soprattutto da Carmelo Billizzi nei suoi confronti. “Giannino” Belladonna venne ammazzato perché cosa nostra lo riteneva responsabile di una rapina finita nel sangue con la morte del commerciante Orazio Sciascio. Ad agire, invece, furono due affiliati a cosa nostra. Dell’omicidio del giovanissimo si autoaccusarono proprio Carmelo Billizzi e Gianluca Gammino.

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