Giornata della famiglia con l’incubo del lavoro, Abela: si potrebbe fare di più

 
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Gela. La crisi economica minaccia la stabilità delle famiglie.

Le associazioni di volontariato chiedono un aiuto alla politica proprio in occasione della “Giornata della famiglia”, giunta alla sua terza edizione. Sono stati organizzati due eventi: il 7 e 15 maggio. Nel corso di una conferenza stampa convocata dalla sesta commissione consiliare Istruzione, cultura e solidarietà sociale, i rappresentanti delle associazioni hanno lanciato un grido d’allarme. Si sono dati appuntamento nei locali dei gruppi consiliari del Comune, alla presenza dei consiglieri componenti della commissione Servizi sociali e dell’assessore Licia Abela.

“La politica deve sopperire alle difficoltà delle famiglie – spiega Michela Munda Prestia – La mancanza di lavoro è causa dell’allontanamento dei componenti familiari. La crisi economica ha inciso anche sui matrimoni, sono diminuite le coppie che convolano a nozze e chi si sposa non è più giovanissimo ma ha già compiuto almeno 33 anni”.

La giornata della famiglia prevede, in due diverse occasioni, una passeggiata per la città con visita al museo guidata dal cultore di storia-patria Nuccio Mulè (Il 7 maggio alle 11), e una tavola rotonda dal titolo “Tutela dei legami familiari per educare oggi”.

Secondo Rocco Giudice, rappresentante del Centro aiuto alla vita (Cav), “l’amministrazione comunale ha ignorato l’istanza protocollata al Comune – assicura – per la creazione di un ufficio di ascolto delle segnalazioni raccolte dalle associazioni di volontariato del territorio”.

Respinge le accuse l’assessore ai Servizi sociali, Licia Abela, pur ammettendo che “in città si potrebbe fare ancora di più”. Tutti i presenti alla conferenza stampa, ad eccezione del consigliere Angelo Amato esponente in Aula del M5s, hanno preferito sorvolare sulla possibilità di avviare un ragionamento per estendere ad ogni cittadino, con evidenza pubblica, le opportunità di lavoro create dagli enti e dalle imprese che gestiscono servizi pubblici per conto del Comune.

“Certe volte la politica – tuona Amato – decide le sorti delle famiglie. Sarebbe indispensabile avere un maggiore senso di responsabilità nei confronti di tutta la collettività”. “Le famiglie più a rischio – conclude Prestia – sono quelle che includono ex detenuti. Si tratta di persone che pur avendo scontato la loro pena non riescono a trovare un lavoro e restano ai margini della società” sognando una integrazione solo millantata dagli operatori del settore. 

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