Guerra, famiglie spezzate e il viaggio: in città la speranza di cinque cittadini ucraini

 
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I cinque cittadini ucraini arrivati ieri nella sede della Procivis

Gela. Il sollievo di chi capisce di essere finalmente riuscito a scappare dagli orrori della guerra, la paura di non rivedere più i familiari che hanno lasciato, la riconoscenza per chi li ha accompagnati in un viaggio via terra durato 60 ore, la curiosità per tutto quello che li aspetta. E’ ciò che si può leggere sui volti dei cinque cittadini ucraini che ieri nelle prime ore della sera hanno raggiunto la nostra città. Arrivati a bordo del pulmino a nove posti, messo a disposizione dall’amministrazione comunale che i volontari Procivis avevano precedentemente riempito di vestiti e generi alimentari, donati dalla città, consegnati presso l’area Italia del Raggruppamento Operativo Emergenze in Polonia, hanno subito mostrato riconoscenza verso una città che apriva loro le braccia.
Ad accoglierli oltre ai volontari della Procivis, il sindaco Lucio Greco, l’assessore ai servizi sociali Nadia Gnoffo, l’assessore alla polizia municipale Giuseppe Licata, il comandante Giuseppe Montana e un ‘interprete.
Una famiglia smembrata dalla guerra, il padre di Vladimir e Nikita è infatti rimasto in patria per combattere l’invasione russa. Residenti ad Irpin, città appena riconquistata dagli ucraini, e Kharkiv, hanno vissuto sulla loro pelle il terrore dei bombardamenti a soli 50 metri dal luogo in cui si trovavano.
La giovane mamma ed i due figli minori saranno ospitati in uno degli appartamenti messi a disposizione dai servizi sociali della città, mentre l’anziana coppia raggiungerà oggi la sede di Agrigento.
Grande commozione anche per i due volontari che hanno affrontato questo lungo viaggio sul cui volto si può leggere quanto questa esperienza li abbia segnati.

“Se avessi avuto un autobus e non un pulmino li avrei portati via tutti con me”, ha dichiarato tra le lacrime Francesco Tosto. ”In tv, fanno vedere sempre le stesse immagini ma non potete immaginare come sia essere lì. Quando siamo entrati in città, a Przemysl, i soldati della Nato ci hanno puntato contro i fucili perché sono in massima allerta e non si fidavano del furgoncino dai vetri oscurati”.
Dopo l’accoglienza, i volontari e i cinque rifugiati sono stati sottoposti a tampone molecolare per accertare la negatività al Covid19, pur avendo ricevuto entrambe le dosi del vaccino Moderna, già in patria.

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