“Hanno sparato a zio Carmelo”, l’inchiesta per tentato omicidio: “Bossoli in via Venezia”

 
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Gela. Una fonte confidenziale avvisò i poliziotti che iniziarono a mettersi sulle tracce del ferito e del possibile autore dell’azione a colpi di pistola calibro 7,65. Ieri, in aula davanti al collegio penale del tribunale, hanno parlato gli agenti di polizia che si occuparono delle indagini partite dopo gli spari in via Venezia del gennaio di un anno fa. A processo ne risponde John Parisi, difeso dall’avvocato Davide Limoncello. È accusato di tentato omicidio. Gli spari contro l’auto guidata da Carmelo Raniolo, assistito dall’avvocato Nicoletta Cauchi ma non costituito parte civile, vennero esplosi nel pomeriggio. Il ferito, raggiunto ad una mano, pare non si presentò in ospedale né denunciò subito l’accaduto. Raggiunse i familiari e i poliziotti che lo cercavano solo successivamente. “Andammo nell’abitazione dell’ex moglie e in quella della madre di Raniolo”, ha detto uno degli agenti. Furono trovate macchie di sangue, così come nell’auto di Raniolo, poi individuata a Caposoprano. Almeno due bossoli furono recuperati sul cavalcavia di via Venezia, dove Parisi, in sella ad uno scooter, avrebbe sparato, pare per divergenze familiari anche se per la Dda potrebbero esserci ragioni legate a contrasti tra gruppi di stidda e Cosa nostra.  “Venimmo a sapere, inizialmente, che avevano sparato a zio Carmelo, che poi abbiamo identificato in Carmelo Raniolo”, ha riferito un poliziotto.

Parisi nelle ore successive fu sottoposto ad accertamenti tecnici per verificare l’eventuale presenza di tracce di polvere da sparo. L’imputato ha sempre escluso di aver sparato. “Sequestrammo anche un casco integrale”, è stato riferito. Potrebbe essere quello usato per l’azione. “Nel telefono cellulare della convivente di Raniolo – ha spiegato inoltre uno dei testimoni – c’era un messaggio WhatsApp con la foto dell’auto colpita dagli spari”. Altri testimoni saranno sentiti nel corso delle prossime udienze.

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