I Borboni, Messina e storia delle due Sicilie

 
1

Gela. Carlo V di Borbone, figlio di Filippo V, re di Spagna e di Elisabetta Farnese, giovanissimo assunse il titolo di re di Napoli e di Sicilia.

Dal 1716 al 1719 è stato Duca di Parma e Piacenza con il nome di Carlo I e dal 1731 re di Napoli senza appellativi. Dal 1734 al 1759 re di Sicilia con il nome di Carlo III. Durante la guerra di successione polacca, al comando dell’armata spagnola, conquista il trono di Napoli e l’anno successivo si fa incoronare alla cattedrale di Palermo re di Sicilia. Filippo V di Spagna, dopo la morte di Maria Luisa di Savoia, sposa la principessa Italiana Elisabetta Farnese (1714), nipote e figliastra del Duca di Parma e Piacenza.

Il regno meridionale ed in particolare la Sicilia, che aveva subito nei primi anni del XVIII secolo le invasioni della dinastia Spagnola, dei Savoia e degli Asburgici, aveva lottato per il possesso dell’isola. Dopo questi avvenimenti il regno arrivò ai Borboni letteralmente stremato. Il nuovo governo durò fino al momento dell’occupazione e del saccheggio definitivo dei piemontesi nel 1860, per l’unità d’Italia, del 1861, convalidata con un falso plebiscito bulgaro del 99% e dalla storiografia ufficiale di ladri e disonesti. I Borboni rilanciarono l’economia del sud, favorendo altresì, la scoperta del cospicuo patrimonio archeologico e culturale del meridione con gli scavi di Pompei, Ercolano e Paestum. I sovrani che gestirono la Sicilia e Napoli nell’arco di 126 anni, furono cinque: Carlo III di Spagna e Maria Amalia di Sassonia, ebbe il nomignolo di lazzarone e fu educato da Domenico Cattaneo, Ferdinando IV (1751-.1816) sposato con Maria Carolina, Francesco I (1777—1831), che concesse ai siciliani la costituzione, Ferdinando II nato a Palermo 1810 e morto a Caserta il 1859 e Francesco II, ultimo sovrano (sposato con Maria Sofia d’Austria, sorella della famosa principessa Sissi) nato ad  Arco il 1836. Muore nel 1894 regnando un solo anno. La storia Borbonica della Sicilia è stata completamente dimenticata dalla storiografia ufficiale sia per cause interne che esterna alla gestione del Regno.

Le dinastie che dominarono nel regno di Sicilia furono quella degli Spagnoli, i Savoia, gli Asburgo e i Borboni che regnarono fino alla unificazione del Regno d’Italia 1861. Con il re Francesco II finisce il governo dei Borboni che aveva regnato per 126 anni.

Nel 1753, il re Carlo si prepara ad abbandonare la Sicilia per salire sul trono di Spagna. La peste che nel 1743 aveva colpito Messina, lasciando ventimila vittime e una serie di provvedimenti tra cui il “Cordone Sanitario” che isolò per alcuni anni la città peloritana, provocando disastri enormi al territorio. Distruggendo tutte le sue attività economiche con la chiusura dei traffici portuali. Il re Carlo con l’aiuto del Tanucci si prodigò con impegno immediato a risolvere questa grave emergenza e ad emanare una seria di atti legislativi per risollevare l’economia del messinese. Tra questi atti, nel 1754, l’università di Napoli, dove attiva una cattedra di economia e commercio affidando l’insegnamento ad Antonio Genovese con grande capacità nell’adeguarsi alle mutazioni sociali.

Oltre il testo ritrovato dal Lumia, esistono molte monografie con istruzioni che riguardano la Sanità e il Lazzaretto, la gestione del “Peculio Frumentario”, l’amministrazione delle “Gabelle” con il finanziamento del “Consolato del Mare”, legato ai trasporti marittimi e ai privilegi del porto franco. 

Completò importanti opere programmate dal Re Carlo, aiutato dal vice-rè Capitano Generale del Regno, il Duca Eustachio de Laviefuille, che si impegnò moltissimo nella ripresa economica e sociale del paese. In particolare nella città di Messina, prediletta ma sfortunata.

Il Duca ampliò i benefici del porto franco e ripristinò l’Arsenale Marittimo presso il castello del SS Salvatore, tanto da meritare da parte del Senato messinese una statua ovale in marmo, conservata ancora oggi al museo interdisciplinare Regionale. Re Carlo lascerà la città di Messina nel 1759 per recarsi a governare il grande stato Spagnolo, ancora oggi governato dalla dinastia della Real Casa di Borbone Due Sicilie, dove il termine Borbone non è un dispregiativo come in Italia, ma rappresenta una casa reale onorata. Re Carlo, fu il primo Gran Maestro del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio e ancora i messinesi conservano una statua di un grande sovrano che ha saputo regnare e beneficiare in particolare la città di Messina distrutta dalla peste. Oggi possiamo ricordare i nostri interessati salvatori che hanno cancellato la nostra storia, la nostra dignità di uomini liberi che a detta dei fenotipi tosco padani, noi che trattiamo questi argomenti, diciamo panzanate, mentre loro che ascoltano i ladri e gli assassini sono nel giusto. Messina, ai tempi del vice-rè Eustachio Duca di Laviefuille ottenne una ricca dote di concessione ed impianti, per riparare parte dei danni causati dalla peste, che imperversò nel Messinese, facendola diventare una vera capitale Europea. Nacquero alcune preminenze municipali, volute dal sovrano che promosse una riqualificazione del territorio civico presso il porto e presso il teatro marittimo centro di mille attività produttive. Per la peste, morirono molti professionisti e personalità amministrative e fu ricostruito un apparato amministrativo con iniziative mirate allo sviluppo economico e sociale del territorio. Si riuscì a rifondare il credito, le industrie tessili, le dogane, la cantieristica navale, il commercio d’oltremare, l’agricoltura, l’artigianato, le arti figurative e quelle d’intrattenimento. Il Vice-rè Laviefuille, per volontà del sovrano, concesse una seria di provvedimenti e privilegi che cambiarono il volto della città di Messina. Fu costruito un orto botanico presso il San Leone, gli impianti fognari e quelli idrici, ripavimentate le strade e le piazze principali, furono affrescate chiese, costruiti nuovi ponti, furono rinnovati arredi e prospetti dei palazzi nobiliari, fu aperta una banca commerciale, per fare concorrenza alla compagnia delle Indie sotto insegne Olandesi. Durante questo periodo alla città di Messina, furono concessi dieci anni di franchigia dalle tasse e a tutti i Messinesi rientrati nel civico consesso. Nel 1752, lo stesso principe, fece restaurare il lazzaretto riportandolo alla piena efficienza e nello stesso periodo le strade di Messina, furono servite da 533 lampade per l’illuminazione notturna della città. Nel 1753 il duca fece costruire la Biblioteca Senatoria e nello stesso anno fu inaugurata la Porte Laviefuille, sormontata da una colossale aquila borbonica, conservata al museo regionale di Messina. Questi nostri brevi passaggi storici, servono a ricordare ai nostri onesti cittadini, che i Borboni che governarono la Sicilia, in particolare, non furono despoti e non si comportarono come i lanzichenecchi invasori nordisti del 1860, ma benigni, capaci di assecondare l’ingegno dei cittadini di buona volontà che diedero alla città Siciliana un posto in prima fila e i suoi primati la collocano certamente a fianco della potentissima città di Napoli. Vogliamo ricordare 10 primati che caratterizzarono Messina sotto il dominio dei Borboni, mentre con i Savoia e i vandali tosco padani completamente dimenticati:

Nel 1751 Prima compagnia di Reale bandiera per il commercio internazionale in Italia:

Nel 1752 Prima banca Commerciale Azionaria privata in Italia;

Nel 1801 Primo edificio pubblico (palizzata) più lungo al mondo;

Nel 1832 Primo acquedotto pubblico al mondo;

Nel 1834 Prima catena meccanica di trasmissione in Italia;

Nel 1835 Prima preparazione pura di acido citrico al mondo;

Nel 1836 Prima vettura a vapore per strade carrabili in Italia;

Nel 1846 Prima cura cataratta incipiente al mondo;

Nel 1851 Primo smacchiatore per fibre tessili al mondo;

Nel 1860 Prima pila al cloruro di sodio al mondo.

Il Vice-rè Duca di Laviefuille, con il consenso del Sovrano, concesse una serie di privilegi che cambiarono il volto della città di Messina , dove furono costruiti nuovi quartieri presso le mura di Carlo V, e il giardino orto botanico e presso il San Leone, gli impianti fognari e quelli idrici. Sicuramente i Savoia, durante il terremoto di Messina del 1901, non si comportarono come i Borboni, basta solo ricordare che le baracche esistevano ancora ieri.

1 commento

  1. La fantasia dei neoborbonici, dai quali Maganuco attinge continuamente, è inesauribile quanto la loro ignoranza. Faccio un esempio a proposito del “primato” della “vettura a vapore per strade carrabili”. Il 14 marzo 1836 con r.d. 3337 Ferdinando II concede a Giuseppe Tommasi e Natale Anselmi una “privativa” – cosa fosse una “privativa” Maganuco dovrebbe saperlo visto che ha letto il mio libro – “per la introduzione in Sicilia delle vetture a vapore senza bisogno di rotaje di ferro”: tempo per la realizzazione del progetto, un anno. Cosa fosse quel progetto è ignoto, noto è che nessuna vettura di quel tipo è mai esistita. Da dove salti fuori Messina (dove dal 1801 si ricostruì la “Palazzata”, non la “palizzata”!) dovrebbero spiegarcelo Maganuco e i suoi autori. Per giudicare della serietà degli altri primati qui sbandierati (anche se è difficile capire di che si tratti data la loro confusa definizione), ricordo solo che a realizzare i primi acquedotti al mondo furono i Sumeri, un po’ prima del 1832. Il primo acquedotto a Messina fu realizzato addirittura nel 1530. Soprattutto, studiare mai!

Rispondi a Augusto Marinelli Cancella la risposta

Please enter your comment!
Please enter your name here