I clan si riorganizzavano tra Gela e Niscemi, condanne in appello per Barberi, Musto e Rizzo

 
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Gela. Arrivano le condanne anche davanti ai giudici della Corte di appello di Caltanissetta. Le famiglie di Gela e Niscemi. Sedici anni di reclusione ad Alessandro Barberi, in continuazione con un precedente verdetto, dieci anni e un mese ad Alberto Musto e otto anni a Fabrizio Rizzo. E’ questo il verdetto pronunciato dai giudici di secondo grado nisseni. I tre imputati erano accusati di aver cercato di riorganizzare la famiglia di cosa nostra lungo l’asse Gela-Niscemi. Nel mirino dei clan, sarebbero finiti imprenditori ed esercenti, soprattutto di Niscemi. La procura generale aveva chiesto condanne anche più pesanti. Venti anni di reclusione per Alessandro Barberi, in continuazione con quella già definita da una precedente sentenza, quattordici anni per Alberto Musto e dieci anni per Fabrizio Rizzo. Reggono, quindi, le contestazioni legate al blitz antimafia “Fenice” che condusse i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta ad individuare in Alessandro Barberi il presunto tramite tra le famiglie di Gela e quelle di Niscemi. I tre erano già stati, al termine del giudizio abbreviato, dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Caltanissetta. Per le difese, però, non ci sarebbero state certezze effettive sul contenuto delle intercettazioni utilizzate nel corso delle indagini. Tra i punti deboli messi in luce dai legali Flavio Sinatra, Francesco Spataro e Antonio Impellizzeri, il fatto che le indagini presero il via dalle dichiarazioni di Roberto Di Stefano, per alcuni mesi collaboratore di giustizia e, poi, arrestato a conclusione del blitz “Fabula” con l’accusa di essere inserito nel clan Rinzivillo. Dichiarazioni, quindi, ritenute poco attendibili. Non a caso, i difensori potrebbero decidere di presentare ricorso in Cassazione. Il verdetto pronunciato dai giudici della Corte di appello ha riconosciuto anche il diritto al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, tra queste gli imprenditori presi di mira e l’associazione antiracket “Gaetano Giordano”, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Panebianco.

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