“I garibaldini hanno salvato la Sicilia”, deluso dall’analisi di Marinelli

 
2
La copertina del libro "Palermo 1815 1860" di Augusto Marinelli

Gela. In questo numero, desideriamo trattare il libro di Augusto Marinelli “Palermo 1815 1860”, incuriositi del contenuto storico del testo.
Secondo l’autore, il regno delle due Sicilie, prima dell’invasone dell’esercito piemontese, stava per implodere e grazie all’arrivo dei Garibaldini, la Sicilia in particolare, ha potuto conoscere il risveglio industriale ed economico. Tutte le piccole e medie imprese sorte nei 45 anni a partire dal 1815 non hanno avuto vita facile e sono state chiuse nel giro di pochi anni, senza nessun aiuto del governo centrale, anzi venivano utilizzati tutti i metodi per dichiararne il fallimento, come i dazi doganali o l’applicazione di iter burocratici farraginosi e distruttivi, tanto da permettere l’incremento di tutte le iniziative industriali che si sviluppavano nella zona al di là del faro. Il professore Marinelli, nel suo testo pare dimenticare Michele Vocino e dei suoi scritti dove fa riferimento al comportamento illecito della stessa Inghilterra che si prodigava a seminare l’odio nei confronti dei Borboni, perché veniva esclusa dagli accordi economici con il re Borbone mentre venivano preferiti Austria e Francia.
Questo comportamento favoriva moltissimo i moti rivoluzionari che provocarono diverse sommosse nel regno delle due Sicilie. Noi di scrittori contrari alla causa meridionale ne abbiamo letti ad iosa, basta leggere un qualsiasi testo di scuola elementare o media superiore per conoscere gli autori prezzolati e ipocriti, di questi conosciamo vita morte e miracoli e sappiamo come i testi parlano bene della colonizzazione dei piemontesi, non ci aspettavamo che il Prof. Marinelli utilizzasse per la ricerca la burocrazia Palermitana che vive da 155 anni nell’ipocrisia più assoluta, assieme alla sua classe dirigente, nata solo per arricchirsi e mentre l’autore cerca la gente prezzolata a Palermo la utilizza per le sue ricerche. Noi abbiamo sempre scritto che i poeti meridionali, pur conoscendo i fatti storici o avendo vissuto nel periodo storico, non hanno fatto sentire la loro voce di protesta, perciò li abbiamo tacciati di ipocrisia e di esseri prezzolati, per questo non abbiamo escluso nessun scrittore o giornalista meridionale che si sia comportato in tale modo: non escludiamo Giovanni Verga, Luigi Capuana, Tomaso di Lampedusa, Luigi Pirandello, lo stesso Bellini e tutta quella cultura meridionale che si è arricchita trattando il meridione da misero e salvando il settentrione fino a farcelo apparire solo e semplicemente colto e dovizioso, tanto che fino ad oggi i nordisti non affittano stanze ai meridionali o agli immigrati. Io personalmente, mi sento di fare una sola domanda all’autore del testo “Palermo 1815 1860” quale progresso ha avuto il meridione dopo il 1860, tranne la legge Pica o la sospensione delle scuole dell’obbligo per un periodo di tempo?, tranne i massacri di Bronte, di Castellammare, e di Palermo sette e mezzo?
Non parliamo delle infrastrutture perché ne eravamo privi allora e ne siamo ancora oggi, infatti le nostre trazzere risalgono ai Borboni, mentre il nord ha la Frecciarossa, le autostrade, l’alta velocità e tutte le eccellenze possibili ed immaginabili.
Tutto grazie alla bontà divina che premia i probi e i volenterosi, noi siamo briganti e inutili e Dio ci ha abbandonati e siamo stanchi di attendere il segnale della divina Provvidenza Manzoniana. Forse era falsa!!
Non è nemmeno vera l’espressione “Dio perdona molte cose per un’opera di misericordia”, noi siamo stati sfruttati e bistrattati con il consenso di tutta la cultura e la politica meridionale, della stampa e dell’informazione nazionale.

I meridionali, che grazie alla loro ipocrisia, raggiungono vette eccelse nei centri di potere della Regione o dell’Italia unita, si dimenticano di Casalduni, Pontelandolfo, Bronte, Palermo sette e mezzo e tanti altri massacri compiuti dai nostri liberatori Piemontesi, vedi i” Savoia e il massacro del sud” di Antonino Ciano,” il Sangue del sud” di Giordano Bruno Guerri e ci fermiamo per non stancare i lettori, perché esistono tanti altri testi che documentano questa vergognosa pagina di storia. Comunque, nell’ultimo periodo, alla Sicilia Borbonica furono concesse settantacinque privative, mentre alla popolazione al di là del faro ne furono concesse quattrocentododici, quando il rapporto tra le popolazioni della Sicilia e il resto del Regno era di 1 a 3.
Ma secondo l’autore del libro “Palermo 1815 1860”, non è importante questo fatto ma la situazione che veniva a trovarsi la Sicilia, dove i progetti non venivano realizzati, ma rimanevano allo stadio di progetto, di studio, di modello, di proposta senza neppure un principio di attuazione, questo quello che si legge nel testo del Prof. Marinelli, preoccupato a farci sapere che i Borboni boicottavano la Sicilia, mentre nel testo del Vocino si asserisce categoricamente che i Borboni non meritano questo trattamento. Basti pensare alle grandi opere costruite a Palermo, e a tutti gli investimenti resi operativi nel 1734 dopo la peste, che portò al risanamento della città di Messina.
Nel testo di Marinella Fiume “Sicilia esoterica”, dove vengono rappresentati i tre punti estremi della Sicilia: Capo Peloro, Capo Passero, Capo Lilibeo e il punto tellurico che si avvicina all’Africa da dove nasce la leggenda di Colapesce, che regge in fondo al mare una delle sue colonne incrinate, alla sue meravigliose descrizione della Sicilia esoterica antica e moderna. Ci mancano le conoscenze storiche del prof. Marinelli, inerenti la sorte di tutte le infrastrutture esistenti nel regno delle due Sicilie fino al 1860. Come le banche, sparite magicamente per l’inefficienza dei meridionali, rincoglioniti dopo l’occupazione dei Savoia.
Oggi siamo felici che tutte le banche e le assicurazione hanno sede al nord, forse considerando la precisione dell’autore del testo Palermo 1815 1860, dobbiamo dire che ancora oggi esiste la Banca Popolare Sant’Angelo di Licata con la partecipazione dei Bergamaschi. Certo tutta la raccolta potrà solo essere investita al nord per fare sviluppare questo territorio baciato da Dio per fare crescere le infrastrutture necessarie ai bravi e operosi abitanti del nord. Noi poveri e ignoranti dobbiamo solo arrangiarci per evitare di essere considerati fannulloni e senza nessuna iniziativa e continuiamo a piangerci addosso inutilmente.

2 Commenti

  1. Luigi Maganuco purtroppo fa confusione tra questioni diverse. Il mio libro ricostruisce la vicenda dell’economia palermitana in un periodo storico determinato: e lo fa utilizzando documenti, in gran parte inediti, redatti da funzionari dell’amministrazione borbonica o notizie tratte dalla stampa dell’epoca, che agiva sotto la sorveglianza della rigidissima censura governativa, gli uni e le altre regolarmente indicati nelle quasi cinquecento note – leggerle è noioso ma indispensabile – che corredano il testo. Se qualcuno vuol dimostrare che nel libro ci sono degli errori, non deve far altro esibirne le prove. Va da sé che a questo fine le opinioni manifestate da Michele Vocino in un libro scritto due generazioni fa e che ignora completamente l’argomento della mia ricerca sono del tutto irrilevanti. Devo invece informare Maganuco che la pretesa esclusione dell’Inghilterra dagli accordi economici con il Regno delle Due Sicilie della quale parla è del tutto inesistente. L’Inghilterra (rectius, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda) in forza del trattato 26 settembre 1816 godeva per gli scambi commerciali con il regno borbonico della riduzione del 10% sulle tariffe doganali, che le assicuravano una condizione addirittura privilegiata. Eguale riduzione era stata accordata anche a Francia e Spagna. Il governo di Londra rinunciò a quel privilegio solo con la stipula di un nuovo trattato, firmato il 29 aprile 1845 dopo lunghe trattative, sulla base del principio di «reciprocità» che richiederebbe una lunga spiegazione. Gli scambi commerciali fra Napoli e gli inglesi erano al secondo posto dopo quelli con la Francia, e superavano di gran lunga quelli con ogni altro paese. Se qualcuno vuole le cifre, che qui non trascrivo per evitare lungaggini, non ha che da chiederle.
    Sulle domande rivoltemi da Maganuco, che sono estranee all’argomento del mio lavoro, tornerò dopo.
    Quanti ai luoghi dove si fa ricerca, ai quali forse Maganuco fa riferimento parlando di “burocrazia palermitana”, a Palermo come in tutto il mondo sono gli archivi e le biblioteche, non certo il mercato del pesce. Non hanno bisogno di fare ricerca quei personaggi che scrivono delle Due Sicilie “terza potenza mondiale” o della chiusura delle scuole dell’obbligo perché trovano più semplice inventare le notizie e non cercarle.
    P.S. In quale pagina avrei scritto che “i garibaldini hanno salvato la Sicilia”?

  2. Rispondere a tutte le domande postemi da Maganuco in questo articolo richiederebbe un numero speciale del “Quotidiano di Gela”. Provo a farlo in maniera stringatissima dove possibile.
    1. A che logica risponde richiamare provvedimenti presi per Messina nel XVIII secolo a proposito di un libro che parla di Palermo nel XIX secolo? 2. Le banche in Sicilia prima del 1860 non c’erano: la prima cassa di risparmio fu fondata il 21 ottobre 1861; le casse preunitarie di Palermo e Messina non erano banche nel senso moderno del termine e non svolgevano tutte le funzioni che oggi attribuiamo a quelle istituzioni. Che poi le due principali banche siciliane, dopo aver prosperato per oltre un secolo, siano scomparse negli anni Duemila è indice della insipienza di una classe dirigente, non certo colpa di Garibaldi. 3. Mi spiace che Maganuco debba ancora usare le borboniche trazzere ma i suoi concittadini potranno indicargli come servirsi di strade di recente costruzione per raggiungere tutti i luoghi che desidera. 4. Nel 1860 in Sicilia c’erano zero metri di ferrovie; nel 1875 ne erano stati costruiti 398 Km. Pochi? Sì, ma negare che l’infrastrutturazione fosse cominciata è semplicemente ridicolo. Perfino il porto di Terranova era stato migliorato: una passeggiata sul molo potrà risultare istruttiva. 5. Sui progressi nell’Italia del sud dopo il 1861 consiglio questo articolo di Marco Vigna che potrei avere scritto io: http://www.nuovomonitorenapoletano.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2583:lo-sviluppo-economico-e-sociale-del-sud-dopo-il-1861&catid=85:storia-del-risorgimento&Itemid=28. 6. Che le scuole nelle regioni meridionali siano state chiuse dopo il 1861 è una panzana talmente stupida da non meritare commenti: ma se qualcuno vuole, posso fornire tutti i dati statistici necessari per smentirla anche se occupano un certo spazio. 7. Di Pontelandolfo ho già parlato altra volta. Su Bronte consiglio a tutti di leggere gli atti processuali: si scoprono molte cose interessanti, a cominciare dalle testimonianze con le quali abitanti di Bronte spingono per la condanna di abitanti di Bronte. 8. Non posso sequestrare il giornale, devo fermarmi qui, se la redazione pubblica questa nota si merita un ringraziamento speciale.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here