I presunti voti dei boss, dal gup anche La Rosa e Attardi: i difensori contestano la competenza

 
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Gela. Scioglierà la riserva alla prossima udienza, fissata a maggio. Il gup Antonia Leone ha deciso di valutare non solo le eccezioni preliminari avanzate dai difensori degli imputati coinvolti nell’inchiesta antimafia “Polis”, ma anche la richiesta di costituzione di parte civile, giunta dal legale del Comune di Niscemi, l’avvocato Massimo Caristia. Davanti al gup nisseno, ci sono tutti i coinvolti in quello che per la Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta fu un presunto patto politico-mafioso, per vincere le elezioni di cinque anni fa e arrivare al municipio di Niscemi. Le accuse vengono mosse all’ex sindaco e attuale consigliere comunale niscemese Francesco La Rosa, a Salvatore Ficarra, Francesco Spatola, Salvatore Mangione, Francesco Alesci e Giuseppe Mangione. Tra gli imputati ci sono anche i due gelesi, padre e figlio, Giuseppe e Carlo Attardi, quest’ultimo già assessore dell’allora giunta La Rosa.

Il presunto intervento dei boss. I difensori hanno subito contestato la competenza territoriale del giudice nisseno. I primi atti dell’indagine, che poi venero assorbiti da quelli portati avanti dai pm della Dda di Caltanissetta, partirono dalla Dda di Catania. Furono i magistrati etnei per primi ad interessarsi al presunto connubio politico-mafioso a Niscemi. Per questo motivo, l’avvocato Giuseppe D’Alessandro, insieme agli altri difensori degli imputati, ha sostenuto che il procedimento vada eventualmente trasferito ai giudici di Catania. Eccezioni sono state avanzate anche rispetto alla posizione di uno degli imputati, Francesco Spatola. Intanto, quello che avrebbe avuto un ruolo centrale nell’intera vicenda, il boss Giancarlo Giugno, ha già deciso per il giudizio immediato. Di conseguenza, il suo percorso non seguirà quello degli altri imputati. Tra i difensori, ci sono gli avvocati Francesco Spataro, Flavio Sinatra, Rocco Di Dio e Gino Ioppolo. In base a quanto ricostruito con l’indagine “Polis”, il voto che portò all’elezione a primo cittadino di Francesco La Rosa sarebbe stato condizionato dall’intervento dei boss. Gli investigatori, coordinati dal pm della Dda Luigi Leghissa, concentrarono le loro attenzioni principali soprattutto sulle mosse di quelli che considerano esponenti di spicco delle famiglie di cosa nostra tra Niscemi e Gela, Giancarlo Giugno e Alessandro Barberi. Il boss gelese non è coinvolto nell’inchiesta “Polis”. In aula, il pm Leghissa ha chiesto che le eccezioni sollevate dai difensori vengano respinte.

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