Il 2 % sugli appalti e l’imposizione delle forniture: così agiva Cosa nostra

 
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Caltanissetta. Le dichiarazioni dei collaboranti ampiamente riscontrate dalla  Squadra Mobile hanno consentito di attribuire agli indagati numerosi episodi estortivi in relazione ad appalti aggiudicati a Caltanissetta e provincia dal 1999 al 2004.

La polizia ha accertato con l’operazione “Colpo di grazia” un deciso salto di qualità del sodalizio cittadino, che aveva tratto le proprie forme di sostentamento non più attraverso la sola imposizione del “pizzo”, ma anche e soprattutto attraverso un controllo capillare dei lavori pubblici e privati eseguiti nel capoluogo, mediante l’individuazione di ditte appartenenti a sodali o a soggetti compiacenti da imporre agli operatori economici che si trovavano ad operare sul territorio.

In particolare, sono state ricostruite le modalità attraverso cui venivano aggiudicati gli appalti banditi dal Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Caltanissetta, che passavano essenzialmente per le mani di uno degli impiegati ASI, il serradifalchese Dario Di Francesco, già arrestato nel 2003 nell’operazione “Bobcat – Itaca”, compare di Vincenzo Arnone, noto boss di Serradifalco.

Tutti i 7 arrestati, appartenenti alla famiglia mafiosa di Caltanissetta e ai suoi mandamenti, hanno “gestito mafiosamente” numerosi appalti, unitamente ad altri sodali che poi sono diventati collaboratori di giustizia e che sopra sono stati già citati.

Oltre il pagamento del c.d. “pizzo”, ammontante al 2% dell’importo degli appalti aggiudicati, diversi degli episodi estorsivi contestati sono stati connotati dalla “imposizione” di  forniture di mezzi e materiali il cui utile risulta costituito dai compensi delle prestazioni fornite in un regime tendenzialmente monopolistico dalle imprese favorite da cosa nostra nissena.

Le estorsioni sulle quali sono emerse chiare le responsabilità degli odierni arrestati riguardano ben otto appalti inerenti i lavori per: la realizzazione del depuratore all’ASI di Caltanissetta; il completamento della viabilità della zona ovest e della zona nord di contrada Calderaro; la realizzazione del museo archeologico di Santo Spirito; la realizzazione della chiesa di San Luca; la manutenzione straordinaria per la continuità e la sicurezza del transito mediante la sistemazione dei tratti saltuari da prog. 0+000 a prog. 3+000 – S.P. n. 64 “di Serrafichera”- Stazione di Vallelunga; il rifacimento della via Paladini; il rifacimento dell’impianto fognario di Santa Barbara.

L’apporto complessivamente fornito dai collaboratori di giustizia ed i puntuali riscontri effettuati dalla Squadra Mobile hanno consentito di ricostruire anche vicende che esulano dal contesto della città capoluogo e che prettamente riguardano le cointeressenze del sodalizio mafioso nel lucroso settore dei lavori di metanizzazione effettuati nella provincia di Caltanissetta.

In particolar modo, si è potuta ricostruire una vicenda che riguarda la “messa a posto” per la realizzazione della rete di metanizzazione nei comuni del “Vallone”, Vallelunga Pratameno Villalba, Marianopoli e Resuttano, ricadenti, in termini di competenza mafiosa, proprio nel mandamento di Vallelunga che vede quale deus ex machina il noto mafioso PRIVITERA Giovanni, così come ha riferito Antonino Giuffrè, cui tale estorsione è contestata con la presente misura cautelare.

Privitera Giovanni uno degli uomini più fidati di Piddu Madonia, boss incontrastato del “vallone”, ha curato personalmente la “messa a posto” per questi lavori dopo aver ottenuto il placet di GIUFFRE’ e di Bernardo PROVENZANO.

Infine si sottolinea che si è registrata la totale assenza di spontanea collaborazione da parte di vittime di estorsioni che hanno eseguito, nel recente passato, lavori nella città capoluogo.

Quasi tutti gli imprenditori lambiti dalle vicende estorsive hanno scelto un atteggiamento di chiusura, totale o parziale, in merito alle vicende riferite dai collaboratori di giustizia, che sono state, nella loro sostanza, negate o enormemente edulcorate nel loro reale svolgimento. Solo in alcuni casi, la totale apertura nei confronti di questa D.D.A., si è registrata a seguito di contestazioni in merito a dichiarazioni certamente reticenti e che avevano comportato l’iscrizione nel registro degli indagati per il reato di false informazioni a Pubblico Ministero.

Le ordinanze riguardano Antonino Racco, di Caltanissetta, 66 anni; Armando Giuseppe D’Arma, 60 anni, di Gela; Salvatore Dario Di Francesco, 55 anni, di San Cataldo; Antonio Giovanni MAranto, 50 anni, originario di Polizzi Generosa; Angelo Palermo, 57 anni, di Caltanissetta; Giovanni Privitera, 57 anni, di  Santa Caterina Villarmosa; Giuseppe Rabbita, 44 anni, di Caltanissetta. Dei sette solo Di Francesco e Maranto erano liberi. Tutti gli altri erano detenuti per altri reati.

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