Il capannone “sanato”, condannati Mauro, Bruscia e Russo: per l’ex dirigente atti alla Corte dei Conti

 
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Gela. La pratica di sanatoria che consentì di modificare la destinazione d’uso di un capannone in contrada Albanazzo, lungo la statale Gela-Catania, è costata la condanna all’ex dirigente del Comune Renato Mauro (che è stato anche direttore generale dell’ente), al proprietario della struttura Piero Bruscia e al tecnico Ignazio Russo. Per i pm della procura, come confermato nella requisitoria finale dal sostituto Luigi Lo Valvo, ci sarebbero state violazioni tecniche e amministrative. Stando a quanto ricostruito, si sarebbe forzata la mano nel tentativo di favorire la pratica di sanatoria e il successivo cambio di destinazione d’uso dell’immobile, da agricolo a commerciale. Tra le accuse, c’era quella di abuso d’ufficio. Nove mesi di reclusione, con pena sospesa, sono stati imposti all’ingegnere Mauro. Il collegio penale del tribunale presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Tiziana Landoni e Angela Di Pietro) ha disposto la trasmissione della decisione alla Corte dei Conti, che dovrà valutare l’eventuale danno erariale subito dal Comune. L’ex dirigente è stato interdetto dai pubblici uffici per nove mesi. Un anno e quattro mesi di reclusione, sempre con pena sospesa, sia a Bruscia che a Russo. Nei loro confronti è caduta l’accusa di truffa e il collegio ha disposto la condanna per malversazione a danno dello Stato, a seguito dei contributi conseguiti per la costruzione del capannone, che oggi viene utilizzato dai titolari di un’attività commerciale, con un canone da 72 mila euro all’anno. Il collegio, nel dispositivo letto in aula alla presenza del procuratore capo Fernando Asaro, ha deciso la confisca del capannone per la parte che consenta di garantire il soddisfo della somme che sarebbero state indebitamente percepite.

L’unica assoluzione, invece, è arrivata per uno dei responsabili della società Politecnica, per anni titolare del servizio di condono per conto del Comune. Il verdetto favorevole è stato pronunciato nei confronti di Giovanni Romiti (difeso dall’avvocato Giuseppe Scozzari). “Il fatto non costituisce reato”, questa la pronuncia del collegio. Anche nei suoi confronti il pm Lo Valvo aveva chiesto la condanna a nove mesi di reclusione. I legali di difesa, gli avvocati Giacomo Ventura, Antonio Gagliano, Fabrizio Ferrara e Giovanni Bruscia hanno contestato del tutto la ricostruzione dei pm della procura, sostenendo la regolarità delle procedure adottate. Non ci sarebbero state violazioni per favorire il sì alla pratica del capannone. A questo punto, potrebbero decidere di impugnare il verdetto in appello.

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